Si tratta sempre del tentativo di non sprecare cose, a volte divertente, altre volte quasi ossessivo... Non sarò mai la blogger che propone le ricette di Nigella, di Sara Papa o Martha Stewart, perché proprio non mi appartiene.
Se dovessi aprirlo oggi, il mio blog lo chiamerei "la cucina istintiva", dove per istinto intendo quel sapere che attinge dal grande contenitore collettivo di cui C. G. Jung ha ben definito il significato. Parlo di quel senso sottile, che tutti possediamo, dove a forza di fare-e-rifare, dopo qualche lettura pseudotecnica e con un po' d'intuizione femminile, si ottiene qualche risultato sorprendente.
Così è stato per questo pane, grazie al quale vi spiegherò qualcosa che ho poi scoperto essere in pratica alla base della fermetazione del pane.
Tempo fa, esattamente in aprile, mese in cui provavo a fare esperimenti in rosa, avevo provato a fare una pasta fresca usando la polpa di lamponi invece dell'acqua. Essendo poi, quel pomeriggio, arrivato l' orario in cui il dover prepare la cena si faceva pressante, avevo lasciato la "palla" di pasta fresca a riposare in frigo avvolta da pellicola.
Il riposo si è, per così dire "protratto" per tre giorni, durante i quali io non avevo avuto il tempo di pensare a tirare tagliatelle rosa. Quando infine il momento era buono la pasta era oltre il punto di riposo, piuttosto si poteva dire che come la carne, il tempo era stato quello della "frollatura": guardando bene attraverso la pellicola, presentava delle piccolissime occhiature, inconfondibile segno che era in corso un procedimento di fermentazione...
Presa dal quel Fuoco Sacro che solo chi ama il Pane può comprendere, decido di trasformarlo in lievito rinfrescandolo con acqua e farina manitoba, in quantità uguali e di lasciarlo maturare, a temperatura ambiente per vedere cosa succedeva. Dopo il secondo rinfresco, ormai del tutto conquistata, ho impastato con aggiunta di olio e malto, ottenendo del buon pane.
Però, a parte il colore che nel frattempo aveva perso le iniziali tonalità rosate virando ad un marroncino un po' strano, anche la consistenza non era delle più leggere, quindi mi sono riservata di riprovarci in seguito.
Nel frattempo, ho trovato questo post di Anna, del blog "C'è di mezzo il mare" che in fatto di lieviti è per me il "guru" della rete, in cui lei stessa racconta di un pane ottenuto con acqua in cui è stata lasciata a macerare dell'uva... l'uva, il frutto dalla fermentazione più eccellente del mondo, quella del vino!
Il momento clou è dunque arrivato quando, sabato sera abbiamo fatto la pasta per la pizza, abbondando un poco nelle dosi: ho deciso di staccarne un pezzo che ho tenuto in frigo a "maturare" per tre giorni, chiuso in un vasetto di vetro (esperimento questo, già fatto in passato).
Martedì sera l'ho tolto dal frigo e l'ho pesato: 230 gr. In un lampo ho preso la decisione di rinfrescarlo, ma invece di usare l'acqua, ho usato del succo di chicchi di melagranata, che avevo preparato frullandoli (e poi filtrando) con l'aggiunta di zucchero.
L'impasto così ottenuto lo ho lasciato in un contenitore coperto, a temperatura ambiente (18° - 19°) per 24 ore, dopodiché ho fatto un impasto successivo, con le dosi e gli ingredienti giusti per il pane, sempre sostituendo all'acqua il succo di melagranata. Ho anche dato un paio di "pieghe", a distanza di una mezzora l'una dall'altra. Quindi ho lasciato lievitare fino ad oltre il raddoppio di volume ed ho proseguito con la cottura in forno, come solito.
Il risultato è stato un pane leggero, molto croccante all'esterno e ben alveolato all'interno, con un profumo leggermente acido, ma di buon sentore.
Come ormai sapete, il mio test viene dall'indice di gradimento dei bambini: voto 10.
Il marito invece non ha mostrato particolare gusto, ma insomma... direi che con 2 su 3 mi posso accontentare!
Pane (quasi senza lievito*)
al succo di melograno
* quasi senza lievito
perché in partenza ho qui usato dell'impasto per la pizza, fatto con lievito di birra
perché in partenza ho qui usato dell'impasto per la pizza, fatto con lievito di birra
La Ricetta
Beh direi che la ricetta la spedisco al contenitore
ancestrale delle Memorie collettive, perché tanto non fa testo, e nemmeno
lo vorrei.
Questo post ho voluto scriverlo per condividere con voi un
"fare" che in cucina dovrebbe ispirarsi sempre anche a questo "istinto"
che appartiene alla storia del mondo.
il colore leggermente scuro è sicuramente dovuto al succo di melograno