Prologo: Confrontandomi con altre blogger, mi è inevitabile pensare a quanto, nelle mie zone, sia scarsa la tradizione in cucina e nei prodotti del territorio. Soprattutto pensando ai piatti di regioni come l'Emilia o la Toscana, i nostri non reggono il confronto. Ma perché?
Riflessione: in questo periodo si avvicina la consegna delle pagelle dei miei figli e, manco a dirlo, il grande ha già fatto una bella collezione di voti "pericolosi", così mi trovo a leggere, correggere, spiegare, far di conto con lui. E ci sto prendendo anche gusto... Vorrei appassionarlo, ma quando facciamo Storia, finisce che sono io che non mi stacco dal libro. Ora sta studiando la caduta dell'Impero Romano a causa dell'invasione dei Barbari.
Credo sia noto a tutti che la Lombardia deriva il suo nome proprio dai Barbari Longobardi, che ne occuparono i territori dal 470 circa d.c., sottomettendo l'amministrazione romana e, in qualche modo, colonizzando le popolazioni di origine latina.
Mi ha affascinato leggere il breve racconto di uno storico romano dell'epoca, che così descrive gli invasori Goti: "...mangiano carne di ogni tipo e genere, senza bisogno di alcun condimento e, non conoscendo la cottura, la mangiano cruda, dopo averla tenuta un po' sotto le cosce, tra la sella ed il dorso del cavallo, sì da scaldarla ed ammorbidirla.."
E' facile immaginare il contrasto con lo stile di vita dei Latini, che già da centinaia di anni vinificavano, facevano l'olio e coltivavano cereali da cui ricavavano farine per fare il pane.
Gli invasori, pur così grezzi negli usi quotidiani, che nella maggior parte dei casi ignorarono le usanze degli Italici di coltivare, di allevare animali domestici, di rispettare la terra evitando lo sfruttamento intenso fino ad esaurire le produttività di un luogo, non furono del tutto negativi: viene da loro ad esempio l'uso delle brache (i moderni pantaloni), della fermentazione dell'orzo per ottenere la birra, loro era l'uso della sella per cavalcare... e di certo anche la caccia. La dieta dei latini era piuttosto ricca di cereali e verdure coltivate, ma con l'avvento dei Barbari, qualcosa di simile a quello che oggi noi chiamiamo "fusion" si è verificato anche nei nostri territori. La caccia era considerata un'arte perché permetteva agli uomini di praticare l'esercizio delle armi. E la di selvaggina a carne nera, come i cinghiali, i caprioli e i cervi, è qualcosa che ancora oggi è presente sulle nostre tavole.
Ed eccomi al punto: c'è sempre una virtù a fianco di un vizio, così è anche per gli attuali lombardi, lontanissimi parenti dei possenti Barbari. La tempra e la forza degli antichi guerrieri prevale in loro di gran lunga sulle finezze del palato e le disquisizioni a tavola.
E, se da una parte l'orografia, bergamasca in particolare, non avesse mai reso possibile praticare un'agricoltura importante, era però disponibile l'energia di ben due fiumi abbastanza tumultuosi e questo ha fatto sì che nei secoli, fosse l'imprenditoria a stabilirsi nei nostri territori, con tutti gli annessi e connessi...
Per dire, ho scoperto solo quest'estate che nei paesi limitrofi al mio, c'erano alcune tessiture di seta, insieme anche ai relativi allevamenti di bachi e anche gli alberi di gelso! Con un intento che ho trovato davvero bello (recuperare un pezzo di storia), il paese di Villa di Serio ha scelto di piantumare una zona della ciclovia della Valseriana, proprio con questi alberi, in ricordo della nostra storia di costante operosità.
Nel giugno scorso non mi sono potuta far mancare la raccolta di un paio di chili di more di gelso, ovviamente. Con queste, invece della solita marmellata ho scelto di preparare dello sciroppo, che ancora conservo in un barattolo nel frigo.
Ho spiegato quasi tutto, per chiudere il cerchio mi mancano solo le farine di mais e di grano saraceno, le uniche due colture che in Lombardia possono vantare un buono spazio. Il mais con l'onnipresente polenta penso non abbia bisogno di spiegazioni: era una preparazione talmente sostanziosa e la coltivazione abbastanza facile, da renderla nel tempo un alimento diffusissimo. Così come il grano saraceno, che per le zone ancora più fredde della Valtellina, era tra i pochi cereali che si potessero coltivare.
Mais e grano saraceno: le due farine-regine della Lombardia, rappresentative per eccellenza della nostra cucina tradizionale.
E tutto questo c'entra con il blog? Si che c'entra. Eccome!
Ecco finalmente la ricetta che coniuga, tra storia e territorio, tutti i fili in un solo piatto...
Spezzatino di cervo al vino novello
con aceto di mirtilli e sciroppo di more (di gelso)
600 gr. carne di cervo
500 ml. vino novello
1 cipolla rossa
5 chiodi di garofano
2 cucchiai di burro
timo, rosmarino, polvere di coriandolo
sale, pepe (di Szichuan) in grani
2 cucchiai di aceto al mirtillo
1 cucchiaio di sciroppo di more (di gelso)
Tagliare la carne a tocchetti abbastanza regolari, circa 3x3 cm.
Preparare la marinata: tritare bene la cipolla e, in una ciotola capiente, mettere la carne, il vino, la cipolla e tutte le erbe aromatiche e spezie, coprire con una pellicola e lasciare al fresco per una notte.
In una pentola (di pietra ollare) mettere il burro e tutta la carne, scolata grossolanamente dalla marinata. Iniziare la cottura a fuoco lentissimo, tenendo aggiunto il liquido della marinata man mano asciuga. Ci vorranno circa tre ore e, se dopo un po' di tempo avrete esaurito la marinata, potete aggiungere anche acqua.
Poco prima di servire, sciogliere lo sciroppo di more nell'aceto ed aggiungere questa mescola alla carne, amalgamando in maniera omogenea. Ho sentito la necessità di fare quest'aggiunta perché, a fine cottura della carne, il sentore selvatico era ancora abbastanza presente, e allo stesso tempo avevo voglia di una nota aspra di contrasto... ma non troppo. Ammorbidire con una goccia di succo di more ha dato un tocco molto rotondo al tutto e persino i mei figli, che di tutta la mia cucina sono il test più severo, hanno alzato il pollice (DNA latino per loro!!!)
Servire in piatti caldi, accompagnando con il pane di mais e grano saraceno. Ho scelto di sperimentare un pane per valorizzare in questa maniera un po' alternativa le nostre due farine-regine, forse perché la polenta è una preparazione fin troppo bergamasca ed invece volevo avere un tocco di cucina "fusion" fino in fondo.
Se vi interessa un'altra ricetta per uno spezzatino, o stufato, molto buono e un poco più veloce, QUI ne trovata un'ottima versione.
Pane al mais e grano saraceno
230 gr. farina 00
100 gr. farina di semola rimacinata
100 gr. farina di mais
100 gr. farina di grano saraceno
1 cucchiaino di sale
20 gr. burro
320 ml. acqua tiepida
12 gr. di lievito madre essiccato
Miscelare tutti gli ingredienti nell'impastatrice, o nella vostra planetaria o semplicemente in una grande ciotola (io nel Bimby) ed impastare bene, fino ad incordare per quanto possibile l'impasto.
Porre il panetto che otterrete, in una ciotola coperta con pellicola, vicino ad una fonte di calore fino al raddoppio. Poi rovesciate sul piano di lavoro, date un paio di pieghe all'impasto, quindi lasciatelo lievitare su una placca in forno spento, fino a raddoppio della pagnotta (circa 2 ore).
Accendete il forno e iniziate la cottura partendo a freddo: questo calore iniziale darà una ulteriore spinta aiutando ancora un poco la lievitazione del pane.