Sorgo speziato con ras-el-hanout e verdure agrodolci


Sono giorni convulsi e pieni di cose ancora da fare e da preparare per il Natale, che ormai è davvero alle porte e io sono in affanno, con l'acqua alla gola per gli ultimi acquisti. Però ho fatto una scoperta troppo forte: qualche settimana fa ho visto la mia collega che, in pausa pranzo, andava sul sito di Iper per prenotare la spesa on line. Una cosa fantastica...
Meravigliata, sono rimasta a vedere la rapidità con cui cercava -e trovava- i prodotti della sua lista, scegliendoli proprio come fosse lì davanti allo scaffale, (leggendo perfino le etichette!) e infine selezionandoli per il suo carrello. Una volta esaurita la lista, ecco che con pochi click chiudeva gli acquisti e selezionava il punto vendita presso cui passare a ritirare la spesa. Con molta semplicità, nel parcheggio dell'Iper è allestito un apposito stand presso cui la spesa viene resa ritirabile nel giro di poche ore, perfettamente imbustata e pronta da caricare... Non male come sistema di sopravvivenza! Avete presente il tempo per trovare un pargheggio all'Iper di Seriate in questi giorni? E le code alle casse? Per non parlare del caos di carrelli tra gli scaffali e del rischio di riempirsi di cose non sempre indispensabili. Per non dire della fatica di fare le buste per il trasporto in auto.
Insomma, devo ammettere che scoprire un sistema così semplice, rapido e comodo per semplificare la vita di chi è sempre di corsa come me, è stata una grande soddisfazione.

Ma non è tutto. E' possibile attivare una carta vantaggi speciale e dedicata, scegliendola tra ben sette tipologie disponibili, contraddistinte da colori differenti. Io ho scelto la Carta Vantaggi Più Gialla, che mi permette di accumulare punti spesa acquistando i miei prodotti nel settore bio, tra prodotti naturali e a marchio Iper e iNaturale, per una corretta e salutare alimentazione. Come ormai molti di voi sanno, amo i gusti esotici e le spezie particolari. Nessuna meraviglia, quindi, se mi sono sentita al settimo cielo quando proprio qui ho trovato spezie che da tempo sentivo nominare, ma che non avevo mai visto in vendita! Felice come una bimba, ho fatto man bassa di prodotti per me speciali e tutti da provare.

In questa ricetta ho usato un composto particolarissimo, dalle sfumature molto intense. Si tratta del ras-el-hanout, mix di spezie di provenienza marocchina, normalmente usato per insaporire carni di agnello, di manzo e di pollo. Io invece ho preferito pensare di insaporire il sorgo, un cereale inusuale e poso usato, ma di grande profilo nutrizionale. Il piatto che ne è nato potrebbe essere un'alternativa leggerissima da preparare anche durante queste feste, che per la nostra bilancia non saranno propriamente una passeggiata... Vero? E allora, un piatto di sorgo speziato con verdure agrodolci, potrà essere un diversivo piacevole e molto naturale!



Sorgo speziato con verdure agrodolci

Per il sorgo
250 g sorgo decorticato biologico
Sale
Olio extravergine d'oliva
2 cucchiai di Ras El Hanout Il viaggiator goloso

Mettere a bagno il sorgo in acqua fresca e pulita, per almeno una notte.
Per la cottura, trasferite il sorgo in una pentola, con abbondante acqua fresca, salate e portate a cottura a bollore poi abbassate, a fuoco medio basso. Potrebbero servire circa 20 min., ma occorre sorvegliare provando ogni tanto la consistenza del cereale, perché è difficile stabilirne il punto di cottura corretto. Deve rimanere abbastanza al dente, ma non troppo morbido.

Scolare e disporre il sorgo in un'ampia teglia di ceramica, perché possa disperdere il calore senza appicciarsi, quindi mettere da parte. In una casseruola tipo saltapasta, scaldare qualche cucchiaio d'olio extra vergine. Aggiungere all'olio ben caldo il ras-el-hanout e soffriggere leggermente. Con il calore si sprigioneranno i meravigliosi e complessi aromi di questo composto. Aggiungere il sorgo tenuto da parte e far saltare nell'olio speziato, in modo da insaporire bene il cereale.
Servire il sorgo accostandolo alle verdure, con qualche cucchiaio del loro intingolo. Oppure, se se lo si preferisce, disporre il cereale in una teglia di ceramica adatta al servizio, distribuendovi sopra le verdure con un po' dell'intingolo di cottura.

Per le verdure agrodolci
1 kg. circa di verdure miste. Qui ci sono:
3 carote, 1 cipolla rossa, 1 peperone rosso e 1 giallo,
1/2 cavolfiore
1 bicchiere di vino bianco
1 bicchiere d'olio extravergine d'oliva
1 bicchiere di aceto di mele
1 cucchiaino sale
1 cucchiaio zucchero

Pulire e tagliare le verdure: le rape a tocchetti, le carote a disco, la cipolla a rondelle, i peperoni a quadrati.

Porre il tutto in una capace pentola, aggiungere sale, olio, aceto, e zucchero. Coprire e accendere il fuoco. Lascir andare fino a quando inizia a sobbollire; quindi abbassare il fuoco e lasciar andare ancora per 10 minuti esatti. Poi spegnere e lasciar riposare coperto, fino a che sarà tiepido. Trasferire poi in una terrina con il sorgo.


Questo piatto è ottimo caldo in questa stagione, ma senza alcun dubbio, potrà essere un cavallo di battaglia anche in estate servito tiepido, come fosse un'insalata di riso o un cus cus. Infatti anche per le stesse verdure in agrodolce potranno essere utilizzati altri ortaggi tipicamente estivi, come le zucchine ed i fagiolini.

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Tonno in trancio e purè di topinambur. Una ricetta in rosa


Questa è una preparazione molto “comfort”, che gioca la sua carta vincente accostando i toni di colore rosso-rosati. Il nobile e pregiatissimo tonno, qui si accompagna a un purè di topinambur, tubero di consistenza simile alla patata e che, contenendo molta inulina, può contribuire a ridurre l'assorbimento di zuccheri a livello intestinale, abbassando quindi il picco glicemico dopo i pasti.

Detto anche carciofo di Gerusalemme per il suo sapore che ricorda spiccatamente quello del carciofo, il topinambur è davvero un tubero dalle mille potenzialità.
Giunta in Europa dopo la scoperta dell'America, la pianta del topinambur, con il suo bellissimo fiore arancione alto e slanciato, si è subito diffusa nelle nostre valli e campagne. Sotto il profilo nutrizionale, il tubero del topinambur è ipocalorico e ha una caratteristica che lo rende preziosissimo per le persone con problemi di glicemia nel sangue. Può infatti contrastare l'innalzamento del picco glicemico in fase di digestione, grazie all'azione dell'inulina: una fibra insolubile, ovvero che non viene scomposta durante il transito nell'apparato digerente dell'uomo.

Una volta cotto, il topinambur assume una consistenza morbida, che ricorda quella delle patate, ma a differenza di quest'ultime, che devono assolutamente essere consumate cotte, il topinambur può essere gustato anche crudo. Per un pinzimonio dalla croccantezza unica non servirà nemmeno sbucciarlo: basterà lavare bene con una spazzolina, e tagliare a spicchi questi tuberi dalle forme un po' bitorzolute, portandoli in tavola semplicemente accompagnati da una vinaigrette,  un'emulsione di olio, limone, magari una punta di senape.

Se preferite cuocerli, invece, regaleranno una sfumatura di gusto particolarissima ai vostri minestroni, mentre per le vellutate potrete sbizzarrirvi accostando i topinambur ad altre verdure di vostro gradimento. Divertitevi scegliendo verdure a gruppi di colori omogenei: il topinambur, col suo colore bianco non cambierà la dominante cromatica dei vostri ingredienti, ma il suo sapore arricchirà il tutto in maniera piacevolissima.

Veniamo ora alla ricetta, semplice, ma raffinatissima per gli accostamenti e per i colori che la caratterizzano.
Trancio di tonno e purè di topinambur
Per 4 persone

600 g di tonno fresco
300 g di patate a pasta gialla
300 g di topinambur
1 cucchiaio di burro
Succo di barbabietola q.b.*
Latte q.b.
Sale

Per la riduzione di melagrana
1 melagrana
1 cucchiaio di aceto di mele
2 cucchiai di miele chiaro

Sbucciate e sgranate la melagrana, ponete i chicchi in uno schiacciapatate e spremetene il succo.
Mettete il tonno in una ciotola con metà del succo di melagrana e qualche grano di pepe; lasciatelo marinare per circa un'ora in frigo.

Scaldate il succo di melagrana rimanente e unitevi il miele e l'aceto. Fate ridurre a fuoco leggerissimo, fino a che velerà il cucchiaio, quindi togliete dal fuoco e lasciate raffreddare.

Lessate le patate e i topinambur con la buccia. Quando saranno teneri scolateli, fateli intiepidire e passateli nello schiacciapatate. Le bucce resteranno nell'attrezzo: toglietele di volta in volta. Quindi ripassate per eliminare eventuali grumi. Mettete il composto in una casseruola e unite poco latte, il burro, il sale e la noce moscata. Mescolate a fuoco dolce e solo alla fine aggiungete il succo di barbabietola, attentamente, poche gocce per volta, secondo la tonalità di colore che desiderate ottenere. Regolate di sale.

Scolate il tonno dalla marinata e scottatelo un minuto per lato in una padella antiaderente molto calda, facendo attenzione a non cuocerlo troppo: sarà molto più bello se al taglio avrà un colore rosso acceso. Salate il tonno e servitelo con il purè ben caldo e qualche goccia della riduzione di succo di melagrana. Magari anche qualche chicco per decorare il piatto.

Note:
*Per questo ingrediente basterà acquistare della barbabietola precotta, che si trova in vendita confezionata sottovuoto. Nella confezione, la barbabietola rilascia sempre qualche goccia di succo, che basterà per colorare il vostro purè. Al bisogno, potrete frullare della barbabietola con poca acqua, ottenendo una crema, che potrà essere usata per accentuare le sfumature di rosa.
**Gli altri ingredienti, come il tonno, le barbabietole, la melagrana e i topinambur sono ormai disponibili presso i banchi della grossa distribuzione. In questa stagione sarà facile trovarli al  supermercato... Sono certa che il topinambur riuscirà a rendere il vostro pranzo della domenica, qualcosa di veramente ricco e festoso!

Lo pan ner. Il tradizionale pane di segale delle valli valdostane

Il pane è da sempre il più importante degli alimenti per l'uomo, è il cibo che per antonomasia racchiude in sé tutti quei gesti ispirati alla cura della famiglia, al calore domestico. E' un'importante "luogo" d'identità per tutte le popolazioni, soprattutto per quelle alpine, che vivono in zone aspre e faticose da coltivare. L'importanza del pane, in questa fascia climatica è qualcosa di profondamente rappresentativo del legame della gente col suo territorio. Forte è il valore simbolico del pane, come elemento culturale di una popolazione; esso esprime anche un legame con i paesaggi della sua produzione, con le tecniche della sua lavorazione, della conservazione e dei suoi usi più tipici. Un patrimonio immateriale di grande importanza.

In Valle d'Aosta, tipico e tradizionale è il pane nero di segale, anche detto in lingua locale pan ner per il suo colore piuttosto scuro. Si tratta di un pane preparato con una miscela di farine tra cui spicca quella di segale, un cereale molto rustico da coltivare anche in climi freddi. L'antica tradizione di queste zone vuole che al pane fosse dedicata una particolare giornata dell'anno, preferibilmente a dicembre, mese in cui il lavoro era per tutti calmo, le coltivazioni ferme e le vacche in stalla.  In questa giornata, in ogni famiglia si impastavano pani e pagnotte in grandi quantità.
La Regione Valle d'Aosta, nell'ambito del più ampio progetto Alp Food Way, in un'ottica di conservazione e valorizzazione del patrimonio alimentare culturale alpino, e per ricordare l'antica giornata del pane, organizza la festa de Lo pan ner, giunta nel 2017 alla sua seconda edizione. Il 14 ottobre scorso si sono tornati a riaccendere oltre cinquanta forni comunitari, dislocati in tutta la regione. In tutte le comunità gli abitanti -dai più grandi ai più piccini- hanno partecipato alla preparazione degli impasti, alla cottura e alla vendita di questo prezioso alimento.

Grazie ad AIFB, l'Associazione Italiana Food Blogger di cui faccio parte, e in collaborazione con la delegazione AIFB per il Piemonte e Valle d'Aosta, è stato possibile consolidare un partenariato con l'Assessorat de l'éducation et de la culture - Bureau régional ethnologie et linguistique della Regione VDA, tramite il quale ho preso parte ad un bellissimo tour a Cogne (Aosta) durante lo svolgimento della festa de Lo pan ner.
AIFB ha anche curato un bellissimo contest tra i propri soci, per la creazione di ricette dove il pane nero di segale valdostano fosse l'ingrediente protagonista, accostato però ad ingredienti tipici di regioni differenti, in una rilettura attualizzata del suo utilizzo. Anch'io ho proposto una mia ricetta, il Salmerino su crema di pane, con olio al rosmarino.

L'Ufficio del turismo di Cogne mi ha affiancato a Nicola Gerard, guida escursionistica del Parco nazionale del Gran Paradiso, che nella giornata di sabato 14 ottobre mi ha accompagnata in una sorta di tour a visitare i forni della zona. Il territorio di Cogne confina con il Parco Nazionale del Gran Paradiso: dalla piazza del comune, rivolgendosi verso sud, la maestosità del ghiacciaio del Gran Paradiso domina il paesaggio. Poiché amo profondamente la montagna, non ho parole per descrivere la bellezza e la forza di questi scenari.

Con Nicola accanto ho potuto assistere a tutti i rituali che, in una sola giornata, hanno ripercorso l'antica tradizione della preparazione del pane nei villaggi di Epinel e di Gimillan, due deliziose frazioni del comune di Cogne. Complice una giornata autunnale luminosissima e tiepida, il trekking percorso con Nicola è stato particolarmente suggestivo.
Calati in quest'aria di grande cooperazione, diventa facile sentirsi parte di una realtà che in un attimo ci catapulta indietro di un secolo... E i gesti della festa diventano parte di un ricordo ancora così attuale...

In un clima di festa particolarmente contagioso, tutti hanno preso parte alla preparazione degli impasti; quasi come in una catena di montaggio c'era chi impastava, chi disponeva le pagnotte perfettamente allineate per la lievitazione, chi sorvegliava il calore del forno e chi passava di mano in mano le pagnotte da infornare.


In passato si accendevano i forni con un giorno d'anticipo, per portare le cavità in temperatura, e in tutte le famiglie si iniziava con la preparazione degli ingredienti per l'impasto. La farina di segale, la farina integrale, la farina 00, acqua e sale. E lievito di birra. Niente lievito madre, per questo pane, poiché s'impastava una volta all'anno e non c'erano i presupposti per mantenere viva la pasta madre.
Il pane che ogni famiglia preparava in quei giorni doveva essere in quantità adeguate per poter sfamare la famiglia per un anno intero... Quest'aspetto rende Lo pan ner, e la sua tradizione, qualcosa di veramente particolare. Se una famiglia di quattro persone consumava in media una pagnotta al giorno, nella giornata del pane bisognava assolutamente cuocere almeno circa 360 pagnotte. I forni continuavano a funzionare per qualche giorno, per permettere ad ogni famiglia del villaggio una produzione di pani adeguata al numero dei familiari. La condivisione dei forni con le altre famiglie del villaggio, tutte con le stesse esigenze rendeva necessario creare disegni differenti sulle superfici dei pani, al fine di poterli distinguere, una volta mandati a cuocere.
La conservazione del prezioso alimento, poi, era un aspetto altrettanto importante: le pagnotte venivano disposte nei fienili delle antiche abitazioni. In questi locali sottotetto realizzati completamente in legno, oltre al fieno si teneva anche un armadio, con i pochi vestiti, oltre che vari attrezzi di lavoro e provviste diverse come formaggi, salumi. E poi, su speciali rastrelliere appese, le rateléte, si disponeva il pane nero a seccare.
Il piano terra delle tipiche abitazioni valdostane -alcune sono ancora ben conservate e tuttora in uso, anche convertite in locali tipici, come in questo bellissimo esempio- era costruito in solida pietra: vi si trovavano le stalle e lì, vicine, le stanze in cui alloggiavano le famiglie. Si poteva così contare sul tepore degli animali per mantenere una temperatura meno rigida in inverno.
Il pane, così riposto, diveniva in breve tempo molto secco, durissimo da tagliare; per quest'operazione si utilizzavano appositi taglieri dove veniva affettato; ma per poter essere consumato, doveva essere messo a bagno nel latte o nel brodo, e poi impiegato nella preparazione di altri piatti.
L'occasione dei forni accesi in dicembre, periodo molto prossimo al Natale, era particolarmente ghiotta perché si poteva sfruttare l'opportunità di cuocere anche il Méculìn, un bellissimo pane dolce. La sua forma ricorda una sorta di spirale e ancora oggi lo si prepara seguendo la ricetta-base tipica del pane di farina 00. A questa si aggiungono altri ingredienti, più ricchi e preziosi, come il burro, le uova, il miele, qualche  uvetta appassita e la scorza del limone. Con pochi accorgimenti si poteva così trasformare questo rustico pane in un delizioso dolce per le festività natalizie.

Le cavità di questi forni, particolarmente ampie, permettono di cuocere anche fino a 170 pani per ogni "infornata". Si è iniziato così a cuocere dal mattino presto, per continuare fino al pomeriggio inoltrato. La gente nel frattempo ha aspettato in piazza la cottura di ogni "tornata", fino al fatidico momento dell'apertura del forno... allora, in una sorta di balletto, avanti e indietro dal forno al banco in piazza, ecco girare assi colme di pagnotte, prontamente svuotate da avide mani che non volevano perdere l'opportunità di acquistare un pane così speciale.

In questi gesti, oggi come un tempo, c'è il lavoro di tutta la comunità, che nella condivisione degli incarichi di ciascuno, giunge alla condivisione comunitaria di un prodotto così carico di valori simbolici.
Ed è proprio grazie a manifestazioni come questa, che oggi diventa possibile il passaggio del testimone alle generazioni più giovani, attraverso il racconto vissuto in prima persona, delle tradizioni e dei saperi antichi, in un filo continuo dal passato al presente.



Grazie alla Regione Valle d'Aosta e ad AIFB - Associazione Italiana Food Blogger per la preziosa opportunità.

Dessert cremoso al limone e fiori di rosmarino


Sabato la scuola di mio figlio ha aperto le porte ai genitori per donare, dietro libera offerta, la verdura coltivata nell'orto didattico dell'istituto. 

Grazie al sostegno dell'amministrazione comunale e al preziosissimo impegno di una rete di volontari, i nostri ragazzi possono prendere parte a questo importante progetto, l'orto didattico, dove il fare e il saper fare traducono nella pratica termini come ecosostenibilità ed ecocompatibilità. Le classi possono così misurarsi, con frequenza settimanale, in lavori pratici e approfondimenti teorici, seguendo il ciclo vitale delle varie coltivazioni, rafforzando così il legame con la terra. Gli studenti possono portare a casa una piccola parte del raccolto e l'istituto invita le famiglie a valorizzare questi prodotti per permettere ai ragazzi di riprendere contatto con gusti divenuti ormai estranei ai palati più giovani. [*]

L'appuntamento di sabato era qualcosa che non potevo assolutamente perdere! Le verdure disponibili erano davvero tante, c'erano verze e cavolfiori di ogni tipo, cavolo nero, fagioli, zucche di diverse qualità e perfino le nespole. Una vera meraviglia. C'erano anche piccoli mazzetti di rosmarino... in fiore! E io non me lo sono lasciato sfuggire, felice come una bimba di potermi perdere, ancora una volta, nel meraviglioso viola delicato di questi graziosi fiorellini che mi ricordano delle piccole orchidee.

Il rosmarino è un arbusto aromatico che fiorisce un paio di volte all'anno, normalmente a giugno e a settembre, ma le temperature inusualmente calde di quest'ultimo periodo hanno fatto una piccola magia: una fioritura piena a novembre inoltrato. Con i fiori di rosmarino ho decorato un dessert leggero al limone, fresco e gradevole nonostante ci si trovi ormai in autunno.

L'abbinamento tra il limone e il rosmarino mi ricorda gli infusi che prepara mia mamma per contrastare i primi raffreddori di stagione. Si tratta di rimedi popolari che attingono ad un sapere antico e mi piace poterne dare una rilettura un po' alternativa, come in questo dessert al cucchiaio, perfetto per sgrassare il palato a fine pasto.


Dessert cremoso al limone e fiori di rosmarino
Ingredienti per 8 o 10 bicchierini

per il curd
150 g zucchero
3 uova intere
30 g burro
1 limone non trattato

per la meringa italiana
200 g zucchero
100 g acqua
3 albumi

Preparate prima il curd, anche qualche giorno in anticipo: in un pentolino dal fondo spesso sciogliete il burro con lo zucchero e la scorza del limone -grattugiata finissima-. Usando una frusta montate il composto e, appena il burro è totalmente sciolto, aggiungete un uovo per volta continuando a muovere la frusta. E' importante che la temperatura sia appena tiepida, in modo che l'uovo entrando a contatto con il burro sciolto non si cuocia all'istante, dando l'effetto di uovo fritto. Dopo aver aggiunto le uova procedete con il succo del limone filtrato. Mantenendo il composto a fuoco leggerissimo, lasciatelo addensare, usando la frusta per evitare che attacchi sul fondo. Sarà pronto quando la consistenza sarà molto simile a quella di uno yogurt liquido. Toglietelo dal fuoco e versatelo in una ciotola per farlo raffreddare completamente. Il curd è una crema che può conservarsi alcuni giorni in frigorifero, sigillando la ciotola con pellicola.

Preparate la meringa italiana, qualche in anticipo: scaldate l'acqua con lo zucchero e fatene uno sciroppo, in un pentolino. Portate il composto a 121° -usate un termometro da cucina per misurare la temperatura-. Basteranno alcuni minuti, durante i quali potrete iniziare a montare gli albumi con la frusta elettrica, in una una ciotola abbastanza ampia. Non serve arrivare a montarli a neve ferma, è sufficiente che diventino un composto fluido e un po' spumoso. Aggiungete una prima metà dello sciroppo a 121° con le fruste in movimento, e dopo un minuto completate con l'aggiunta dell'altra metà dello sciroppo. Continuate a montare a velocità sostenuta, per circa cinque minuti, o fino a quando il composto raggiungerà una consistenza soda, lucida e molto ferma, ma allo stesso tempo fluida, in grado di mantenere la forma. A questo punto la meringa è pronta, lasciatela raffreddare e conservatela in frigo.

Il dessert è il risultato dell'unione di questi due preparati: la meringa italiana nel curd al limone. Usate una paletta tipo leccaepentola in silicone, e fatelo con movimenti circolari ampi dal basso verso l'alto. Potrete fare quest'operazione anche al momento di servirlo, oppure in anticipo, riservando il porzionamento dei bicchierini quando lo porterete in tavola. L'importante è che tutto sia freddo, alla temperatura del frigorifero. Decorate con i fiori di rosmarino solo al momento del servizio, daranno al tutto una nota un po' amarognola ma anche aromatica.

Nota: Per una cena un po' più elegante, sarà perfetto accompagnato da biscottini tipo lingua di gatto.


[*] Il comune di Scanzorosciate, in provincia di Bergamo, nell'ottobre 2016 è stato premiato con il primo posto al concorso nazionale Città per il verde, per il progetto dell'orto didattico.
Il progetto coinvolge oltre 600 alunni, trasversalmente dalla scuola dell'infanzia fino alle classi della secondaria di primo grado, che insieme ai volontari coltivano circa 4800 metri quadrati di terreno, con particolare attenzione alle biodiversità del nostro territorio. Il progetto, partito quattro anni fa con l'obiettivo di sviluppare nei ragazzi una conoscenza teorico-pratica dell'ambiente e dell'ecosostenibilità, coinvolge anche aziende agricole, un frantoio, Slow Food e il Consorzio del Moscato di Scanzo. Da quest'anno infatti sono state messe a dimora anche le barbatelle per l'uva del Moscato di Scanzo.

Salmerino con salsa di pane e olio al rosmarino, per Lo Pan Ner


Quest'anno si terrà la seconda edizione della Festa de Lo pan ner, festa transfrontaliera dei pani delle alpi che si svolgerà il 14 e 15 ottobre, in collaborazione con il Cantone dei Grigioni e con la Lombardia. Il 14 ottobre, cinquanta comuni in Valle d'Aosta accenderanno i loro forni e prepareranno il pane, in un rituale antico secondo cui si preparava, nella giornata del pane, il pane per tutto l'anno.
[Ho anche avuto il privilegio di partecipare all'apertura dei forni presso i villaggi di Epinel e Gimillan (frazioni di Cogne in provincia di Aosta) a questa pagina potrete leggerne un breve racconto e vedere qualche immagine, che racconta più di mille parole il valore di questa bella tradizione].

AIFB è partner della manifestazione con un bellissimo contest, per la valorizzazione del pane nero nelle ricette della cucina attuale. La ricetta di questo pane nero, segue precisi rapporti tra le quantità e le qualità delle farine impiegate: in particolare la segale è presente in percentuale molto importante.

Anch'io ho voluto dare il mio contributo, con una ricetta che utilizzasse prodotti del mio territorio.
Per l'occasione ho preparato il pane nero, secondo la ricetta ancora in uso e ben codificata in tutta la regione. Eccomi quindi ad affrontare la panificazione, primo importante passaggio per la realizzazione del mio piatto, il Salmerino in salsa di pane, con olio al rosmarino.


Pane nero Valdostano
dosi per due filoni come in foto
Farina di segale integrale g 550
Farina di grano tenero tipo 0 g 250
Farina di grano tenero integrale g 200
Acqua g 620/650
Sale g 20
Lievito di birra secco g 10

Preparate il pane il giorno prima: dal quantitativo di acqua totale destinato alla ricetta, prendete 100 g, portatela a temperatura tiepida e scioglietevi il lievito di birra secco, con una punta di cucchiaino di zucchero, che serve per attivare la lievitazione. In una grande ciotola miscelate il lievito attivato, con le farine ed il rimanente quantitativo d'acqua, meglio se tiepida.

Impastate molto bene fino ad ottenere una grossa "pagnotta" dalla consistenza molto plastica e malleabile -una consistenza che a me ha ricordato quella della pasta di sale!-. Ponete l'impasto nella ciotola e lasciate riposare fino al raddoppio.

Passato questo tempo di lievitazione, che per me è stato di circa 6 ore, fate la pezzatura che preferite e procedete a fare le pieghe: io ho spezzato il composto in due porzioni, per due filoncini. E per le pieghe semplicemente ho appiattito con il palmo delle pani l'impasto, allargandolo bene. Quindi ho ripiegato il lembo di sinistra e poi quello di destra (come fossero i lembi di un foglio), e successivamente il lembo superiore e quello inferiore. Ho ruotato l'impasto di 90° ed ho ripetuto questa sequenza per quattro volte.

Ho lasciato lievitare l'impasto fino al raddoppio, in forno precedente riscaldato e poi spento. Qui sotto, la foto dei due filoncini già gonfi e pronti per andare in forno.


Ho cotto questo pane per circa 40 min. a 200° ponendo sul fondo del forno una padellina con dell'acqua per umidificare la cavità di cottura. A fine cottura si ottiene un pane molto asciutto, compatto e dalla lunga conservabilità; può essere consumato anche quando è molto molto secco. Se lo desiderate più morbido, toglietelo dal forno dopo circa mezz'ora di cottura e lasciatelo intiepidire avvolto in un canovaccio.


Salmerino con salsa di pane e olio al rosmarino
dosi per quattro persone
2 salmerini di media dimensione
60 g di pane nero di segale
300 ml brodo di verdure
30 g noci
1 scalogno
3 rametti timo
1 bicchiere di vino bianco secco
poca farina 00
100 ml olio extravergine d'oliva
3 rametti di rosmarino
sale, pepe

Questo piatto è preparabile in circa mezz'ora, a patto di avere già pronto il pane nero. Riducete il pane in cubetti e ponetelo in forno sotto il grill a 200° per circa 5 min, ma sorvegliate! Pulite e affettate lo scalogno, tritate il timo, soffriggete il tutto in poco olio ed aggiungete anche i cubetti di pane tostato. Dopo qualche minuto sfumate con poco vino bianco. Continuate la cottura del pane aggiungendo brodo fino a che il pane sarà morbido. Regolate di sale e pepe, passate il tutto al minipimer. Se lo riterrete necessario, potrete passare al setaccio la salsa per ottenere una crema molto liscia.

Preparate l'olio aromatizzato: scaldate l'olio in una padellina, aggiungendovi anche il rosmarino ben tritato. Portate alla temperatura massima di 62° quindi spegnete e lasciate intiepidire. Gli olii essenziali del rosmarino passeranno così nell'olio extravergine, profumandolo meravigliosamente.

Cuocete il salmerino al vapore: in una pentola mettete a scaldare due dita di acqua, con mezzo bicchiere di vino e due grani di pepe. Al bollore, inserite la griglia per la cottura al vapore, con il salmerino e qualche fettina di limone nella pancia. Cuocete circa 15 min. Sfilettate il pesce facendo MOLTA ATTENZIONE a conservare qualche lembo di pelle del pesce. Mantenete al caldo i trranci sfilettati, mentre per la pelle: infarinate e friggete ciascun pezzetto per un attimo, finché diventi molto molto croccante, sembrerà a delle chips.

Preparate il piatto, possibilmente caldo, disponendo la salsa, il trancio di salmerino, disponete in maniera estrosa un paio di chips di pelle e, per finire, qualche fogliolina aromatica verde a decorare. Prima di andare in tavola, mettete qualche goccia di olio caldo al rosmarino.

Torta alla zucca e grano saraceno gluten free


Ad autunno ormai già iniziato e temperature finalmente adeguate alla stagione entrante, torna anche la voglia di portare calore all'interno del nostro corpo. Le qualità riscaldanti del cibo hanno in questo periodo una grandissima responsabilità, nel portare equilibrio tra l'interno del nostro corpo, che deve potersi mantenere caldo rispetto all'esterno: il clima freddo è in arrivo. E sarà sempre più freddo!
Ecco quindi una torta molto soffice e gustosa, perfetta per le nostre merende con una tazza di tè, ma ancor più gradita a colazione, quando serve energia anche per iniziare bene la giornata. L'ingrediente "principe" di questo comfort food è la zucca, un ortaggio di stagione in autunno, che con il suo colore pare volerci restituire tutto il sole estivo che ha usato per maturare. La zucca ha proprietà sedative, lassative e anche diuretiche, oltre che antiinfiammatorie per l'intestino. Amerete questa torta perché non è la solita torta dolce e stucchevole; piuttosto è rustica e umida all'interno, ma tanto, tanto buona! In questa versione ho usato il burro, ma poiché la zucca è un ortaggio che potete trovare anche in primavera, non perdete l'occasione di provare allora a sostituirlo con dell'olio. Abbiate cura di scegliere un buon olio di semi, ad esempio di mais ottenuto a pressione. Le qualità energetiche diverranno più rinfrescanti e nell'insieme potrà essere un dolce anche leggero!


Torta alla zucca e grano saraceno, gluten free
dosi per una tortiera diam. 24 cm

100 g farina di grano saraceno
100 g nocciole non pelate
120 g zucchero di canna 
50 g farina riso
100 g burro
(oppure 80 g olio di mais di pressione)
3 uova
250 g polpa di zucca cotta a vapore
1/2 bustina di lievito per dolci
zucchero a velo - per decorare

Per le torte, come sempre, uso il Bimby, ma va benissimo anche il vostro mixer, o frullatore o planetaria.
Riducetele quindi in "polvere" per ottenere la farina di nocciole. Aggiungete anche le altre farine e anche il lievito, miscelate il tutto in un unico composto, e mettete da parte. Nel Bimby, o in una ciotola e con le fruste elettriche, montate lo zucchero e le uova (usando l'attrezzo farfalla della dotazione Bimby) per un paio di minuti a velocità 5. Aggiungere il burro e la polpa di zucca, cotta al vapore e passata allo schiacciapatate. Togliete la farfalla e con le lame in movimento, aggiungete le farine che avete preparato prima, setacciate col lievito. Ad impasto bene amalgamato, versate nella tortiera, preparata già imburrata e infarinata. Cuocete in forno a 180° per circa 35 min., ma attenzione, regolatevi secondo il vostro forno e, prima di sfornare fate la prova dello stecchino, che dovrà uscire asciutto.
Lasciate intiepidire prima di togliere la torta dalla teglia e spolveratela con dello zucchero a velo.

Crostata chiusa, con pasta frolla vegan e marmellata


Voglia di una crostata preparata con una pasta frolla leggera, vegana, con la farina di mandorle e magari profumata con una marmellata particolare? Eccovi accontentati. Questa ricetta è una sperimentazione, una cosa che spesso mi capita di fare quando ho in testa di viaggiare sul filo delle sostituzioni. Parto da una ricetta nota e uso uno o due ingredienti "diversi" da quelli previsti nell'originale, facendo attenzione alle consistenze, al rapporto tra liquidi e farine. Generalmente cerco di contenermi a solo uno o due ingredienti differenti, per non rischiare di snaturare troppo la ricetta. In questo caso però la sperimentazione aveva già avuto buon fine in quest'altra occasione e sapevo di andare a colpo sicuro.



La pasta frolla senza burro e senza uova è stata una rivelazione; se ci penso bene si tratta di preparare una base per biscotti e per torte composta di fondo da tre ingredienti: farina, zucchero e olio, a cui aggiungere un po' d'acqua. Beh, credo che davvero non si possa chiedere di più all'essenzialità in cucina! Chiaro che con così pochi ingredienti, la qualità delle materie prime è assolutamente indispensabile. Eccomi quindi a preparare questa pasta frolla vegan, con della farina macinata a pietra: farro monococco e grano tenero 0 (grano tenero macinato un po' più grosso del tipo 00), dell'ottima farina di mandorle, zucchero di canna Demerara, olio di mais di qualità e semplice acqua. Stavolta non è una frolla gluten - free, ma per chi volesse tentare una versione a basso contenuto di glutine, basterà sostituire la farina 00 e quella di farro con pari quantità di farine di riso e grano saraceno. Il risultato sarà ugualmente ottimo!


Crostata chiusa, con pasta frolla vegana
dosi per teglia da 12x25

350 g farine miste
(130 g farina di farro + 150 di farina 00 + 70 g farina di mandorle*)
180 g zucchero di canna Demerara
110 g olio di mais di qualità
70 g di acqua
1 pizzico abbondante di bicarbonato, o di lievito per torte

per la farcitura
300 g della vostra confettura migliore
(io ho usato la mia, di albicocche e lavanda)

*con il prodigioso Bimby uso direttamente le mandorle intere, pelate

Mettete gli ingredienti secchi in un'ampia ciotola, amalgamate bene con le dita quindi procedete con gli ingredienti liquidi. Impastate velocemente con la punta delle dita, regolandovi con la consistenza, che potrebbe essere un po' secca (e allora aggiungerete uno o due cucchiaini di acqua) oppure potrebbe essere un po' troppo morbida (e allora la lavorerete spolverandola a più riprese con altra farina).
Io, come sempre, impasto tutto con il Bimby mettendo prima lo zucchero di canna e le mandorle intere e facendo andare 30 sec. vel.10 per polverizzare; quindi aggiungo tutti gli ingredienti secchi. Faccio girare 10 sec. per setacciare bene, poi aggiungo l'olio, il bicarbonato e l'acqua. Faccio andare a colpi intermittenti per amalgamare al meglio e poi, continuativamente per circa 30 sec. Rovescio tutto il composto sul piano di lavoro, direttamente su un foglio di carta forno e riunisco il tutto a mano, ottenendo una "palla", che lascio poi riposare in frigo un'ora circa.
Passato questo tempo, stendo l'impasto in un rettangolo di spessore circa 7-8 mm. Lo dispongo nella tortiera, facendo aderire bene ai bordi, quindi taglio l'eccesso di pasta e distribuisco la marmellata sulla frolla.
Stendo nuovamente l'avanzo di pasta frolla dando la forma di rettangolo, dispongo per chiudere la crostata e taglio nuovamente l'eccesso di pasta. Stavolta, prima di stenderlo e procedere a rimpastarlo per ritagliarne i decori, lo lascio in freezer per 10 minuti, così tornerà più sodo. Per questo decoro potrete sbizzarrirvi nella scelta dei motivi da ritagliare. Io ero ispirata alle foglie dell'autunno in arrivo, ma la vostra torta sarà bellissima anche con fiori, cuori, i tondi...

Bucherellate fino in fondo la pasta frolla, poi infornate, in forno preriscaldato, a 200° per circa 23 minuti. Sorvegliate bene, però, perché ciascun forno fa a sé, quel che conta è che il colore resti leggermente biscottato.

Confettura di frutta con l'agar agar... albicocche e lavanda

Confetture, confetture e ancora confetture...! quest'anno sembra davvero che la produzione di frutta non abbia fine e, a dispetto della grande siccità che nell'ultimo mese ha falciato l'agricoltura di tutto il territorio italiano, nella mia dolce valle, la Valseriana, gli alberi del parentado sono stati generosi con la produzione di ottima, dolcissima frutta.

Dovete sapere che  AMO le confetture sode, come quelle che si comprano, si! Adoro spalmarle sulle fette di pane senza sbrodolarle dappertutto. Però le confetture che preparo in casa mi risultano sempre piuttosto morbide. Gioca a favore di questo, anche il fatto che quando le faccio non mi va di cuocerle troppo. Sono profondamente convinta che la cottura veloce possa salvaguardare qualche principio di freschezza nella frutta e mantenerne alta la vibrazione energetica, quindi evito le cotture prolungate, che tra l'altro portano a "caramellizzare" lo zucchero alterando i bei colori naturali.

Sono anni che guardo da lontano l'agar agar, perché non ho mai trovato una dose sicura, una dose che mi desse risultati certi. L'agar agar è un gelificante naturale completamente vegetale estratto dalle alghe rosse -diversi tipi di alga, in verità-. Ha un alto contenuto in mucillagini e in carragenina, una sostanza più nota come alginato (che i dentisti conosceranno benissimo!). Ed è totalmente insapore. Il suo apporto calorico è molto basso e ha una blanda azione lassativa. La cosa davvero interessante dell'agar agar per quanto riguarda  il suo uso nelle confetture, è che per gelificare non ha bisogno di zuccheri aggiunti, quindi è molto indicato anche nei casi in cui si voglia preparare della confettura a basso tenore zuccherino. Inoltre bastano pochi minuti di cottura per avere una gelificazione perfetta, quindi anche l'energia della frutta ne viene preservata. 
Questa volta, però ce l'avevo, la dose perfetta: per gelificare un chilogrammo di liquido bastano 3 cucchiaini di agar agar: con questa dose ho visto sotto i miei occhi gelificare -alla perfezione e in meno di due ore- del succo di mela, mentre frequentavo il corso di cucina naturale presso La Sana Gola. E allora, avanti con le prove per le mie confetture... Sapete cosa vi dico? D'ora in poi #maipiùsenza agar agar. Ho ottenuto delle confetture di una dolcezza senza pari, con pochissimo zucchero aggiunto. E vogliamo parlare del colore? Sapete che su questo punto sono particolarmente sensibile, potrei dire anche esigente :-) ma i risultati sono stati al di sopra delle mie aspettative. Ecco quindi tutti i (miei) segreti per delle confetture perfette. In questa ricetta ho usato le albicocche, ma successivamente ho usato anche le peschenoci e le prugne viola: stesse dosi, risultato perfetto!


Confettura con agar agar
Albicocche e Lavanda
dosi per quattro barattoli da 400 g

1300 g albicocche
(peso riferito alla frutta già pulita e denocciolata)
650 g* di zucchero
2 cucchiai di fiori di lavanda secchi
3 cucchiaini** agar agar
(lo trovo in vasetti di vetro da NaturaSi
oppure anche all'Esselunga, in piccoli barattolini da circa 6g)


Sciacquate le albicocche e procedete a denocciolarle e tagliarle a pezzetti. Mettetele direttamente nella pentola che userete per la cottura, una pentola d'acciaio possibilmente con il fondo spesso.
Cospargete con lo zucchero e lasciate riposare in frigo una notte. Il giorno dopo mettete la pentola sul fuoco e scaldatela dolcemente.
Dal momento del bollore cuocete la frutta non più di dieci minuti, quindi scioglietevi l'agar agar. Contate altri cinque minuti di cottura, aggiungete i fiori di lavanda e la vostra confettura è pronta da invasare. Se vi piace vellutata, potete usare il classico minipimer, per togliere tutti i pezzetti rimasti interi. Altrimenti regolatevi in partenza tagliando la frutta a pezzetti piccini, in modo che possano poi restare interi nel vasetto.

IMPORTANTE
Invaso la confettura in vasetti perfettamente puliti e sanitizzati al vapore: mentre cuoce la confettura, li metto nella vaporiera, metto anche i loro tappi appoggiandoli su una griglietta superiore proprio appena sotto al coperchio. Li lascio per 15 min a pieno vapore. Al momento di invasare, sia la confettura che i vasi saranno bollenti. A quel punto, basterà chiudere immediatamente ogni vasetto appena riempito e lasciare raffreddare. Il vapore rimasto nel poco spazio vuoto, raffreddandosi si restringerà portando i vasi sottovuoto. Etichettate e riponete ogni vasetto al buio e al fresco: la confettura si conserva perfettamente per mesi, anche se il mio consiglio è sempre quello di consumare l'autoproduzione in tempi ragionevoli, senza che passi troppo tempo.


*La quantità di zucchero corrisponde alla metà del peso della frutta. Ho constatato personalmente che al momento della cottura si verifica una dispersione acquosa, il cui risultato è quello di concentrare lo zucchero sul peso finale del prodotto. Questa è la mia dose abituale, l'ho mantenuta anche in questa ricetta, dove sapevo che la cottura non sarebbe stata la mia solita. Normalmente infatti cuocio circa mezz'ora o poco più, sperimentando a volte una riduzione del peso di partenza, di quantità da invasare, anche del 30%. Significa che la quantità di zucchero sul totale invasato raggiunge e supera il 50% richiesto per garantire una concentrazione zuccherina che garantisca la conservazione anche da un punto di vista igienico.
**Nella preparazione di questa confettura ho diminuito la dose di agar agar prevista per gelificare un litro di liquido, portandola a circa 4 g perché la mia frutta era molto matura e dolce, inoltre c'è anche lo zucchero previsto per la conservazione normale delle confetture e la sua presenza aiuta già ad addensare il composto. Il risultato è stato perfetto.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Agar_agar

Pull Apart bread con confettura di albicocche

Il Pull Apart bread è una preparazione che non conoscevo fino a che non ho aperto il blog. Prima di allora, ovvero circa sei anni fa, mai l'avevo visto e tanto meno, mai l'avevo assaggiato.
Si tratta di un panbrioche dalla forma molto divertente e golosissima, molto amato nei paesi anglosassoni, che si presta bene ad essere consumato a colazione; con la confettura preparata in casa sarà una vera coccola, in questi giorni che preludono alle ambite vacanze e che portano il desiderio profondo di tempi pigri dal ritmo lento.

L'occasione per provare a farlo, è stata anche quella di accompagnare, con la mia colazione Al KM 0, il menù Al KM0 delle care amiche Carla Emilia, Consuelo e Simona. Ho trovato una ricetta in rete, a cui mi sono riferita per fare le mie varianti: l'impasto indiretto, preparando una biga con la pasta madre.
Per la farcitura, invece, ho usato la confettura di albicocche (dagli alberi del parentado) che ho fatto nei giorni scorsi, preparata con l'aggiunta dell'agar agar e di cui a breve pubblicherò la ricetta. Un vero classico per il KM0! Per ora vi rimando alla ricetta che avevo postato qualche tempo fa, che trovate QUI. 


Pull Apart bread 
con pasta madre - impasto indiretto
dosi per stampo da 11,5 x 31 cm

per la biga
100 g lievito madre
100 g acqua tiepida
200 g farina 00 forte - 360 W
1/4 cucchiaino da tè di lievito secco

per il Pull Apart
170 g farina 00 forte - 360 W
200 g farina 00
80 g latte tiepido
60 g burro sciolto
50 g zucchero
2 uova
1 pizzico di sale
200 g della vostra migliore confettura

Il giorno prima, preparate la biga, impastando gli ingredienti velocemente. Formate una palla con l'impasto che otterrete, ponetela in una ciotola e lasciatela in frigo fino al giorno dopo.
Passato questo tempo toglietela dal frigorifero e lasciatela tornare a temperatura ambiente, serviranno almeno due ore.
Impastate questa biga nell'impastatrice, o nella planetaria, o nel Bimby come me, aggiungendo tutti gli altri ingredienti previsti per il Pull Apart: impastate a lungo, almeno 3 o 4 min, quindi togliete l'impasto e lavoratelo brevemente sul piano infarinato, formate una palla e ponete a lievitare in luogo tiepido per circa due ore, o almeno fino al raddoppio. (Io l'ho lasciato nel Bimby).

Trasferite nuovamente l'impasto sul piano di lavoro. Stendetelo col mattarello ad uno spessore di circa 1 cm, spalmate la confettura in modo omogeneo quindi, con una rotella per pizza, tagliate delle strisce, sovrapponetele una sull'altra, non più di tre per "pila". Ritagliatele ulteriormente a rettangoli e disponeteli delicatamente nello stampo da plum cake imburrato ed infarinato bene.


Lasciate lievitare un'altra ora, quindi infornate in forno freddo. Accendete e portate a 180° solo ventilato: in questi 12 -13 min in cui il forno si porta alla temperatura di regime, l'impasto completerà la sua lievitazione, gonfiandosi a meraviglia (forse anche un po' troppo!). Completate la cottura per altri 18 - 20 minuti.
Sfornate e lasciate intiepidire prima di sformare il Pull Apart bread. Gustatelo tiepido, con un buon caffè e dell'altra confettura.


Qui di seguito anche le ricette delle mie compagne di viaggio, per quest'ultimo menù insieme, all'insegna del KM0 e le conserve fatte in casa.

Pranzo da Carla: Filetto al pesce persico al limone e timo - e la conserva di limone e rosmarino
Merenda da Consuelo: Ravioli dolci alla robiola - e la confettura di ciliegie
Cena da Simona: Straccetti di melanzane sott'olio - e le melanzane conservate sott'olio

Grigliata e spiedini: un barbecue perfetto


La rubrica Al km 0, ideata e condotta dalle care amiche Carla Emilia, Consuelo e Simona, oggi mi ospita con la cena, preparata con prodotti del mio territorio, quindi rigorosamente a #chilometrozero, secondo il tema delle Fiere e Sagre.

L'estate è la stagione regina delle Fiere, delle Sagre e delle feste di paese e, per me e il mio paesello, è la stagione del Palio. Nelle scorse settimane infatti, l'aria nei dintorni del campo che ogni anno ospita questa piacevole festa, è stata costantemente pervasa dagli appetitosi profumi del barbecue: carne e spiedini cotti alla piastra.



Questo tipo di preparazione ha origini che, possiamo immaginare, si perdono nella storia dell'uomo. Cucinare carne sulla brace, oppure su lastre di pietra sottile appoggiate sul fuoco, è qualcosa di profondamente radicato nelle abitudini alimentari dell'Uomo, fin da quando il sostentamento delle comunità era legato a doppio filo con l'attività della caccia. In ogni paese, territorio e regione, la carne preparata sul fuoco significa convivialità e condivisione, a partire dal procurare cibo fino alla preparazione del fuoco e alla cottura, ciascuno con un compito importante per la buona riuscita della festa.
Ad esempio nella vicina provincia di Brescia, questa preparazione viene chiamata semplicemente "lo spiedo"ed è un piatto così amato dai bresciani che vige perfino un rigoroso disciplinare per tutelarlo. Vi troviamo indicazioni per quali carni usare -lonza o coppa suina arrotolata, cosce o petto o ali di pollo, uccelli da cacciagione- il peso di ciascun tocco, che dev'essere pari a circa 70 g e persino l'ordine da seguire per la disposizione dei tocchi di carne sugli spiedi.

Nella provincia di Bergamo, invece, per le nostre grigliate e barbecue, le carni maggiormente usate sono le costine del maiale, insieme agli immancabili spiedini e poi, golosissime, anche le salsicce arrotolate, che da noi chiamiamo "loanghine"... guai se mancano!
Con l'occasione di preparare questa cena, ho scoperto che nel marzo di quest'anno è nata a Bergamo l'Associazione Bergamo Barbecue, con lo scopo di promuovere, diffondere, divulgare e approfondire la cultura culinaria in particolare del barbecue. Con attività culturali come corsi per la formazione, per le tecniche di cottura e la degustazione, quest'associazione si propone di sensibilizzare l'attenzione sul tema dell'alimentazione di qualità. E questo non può che rendermi orgogliosa di essere bergamasca.

Organizzare una cena con gli amici preparando il barbecue, ancora oggi ha qualcosa di magico e festoso, anche in casa mia: i miei figli appena sentono aria di grigliata si galvanizzano. Basta seguire qualche piccolo accorgimento e, anche se non si dispone di un barbecue o di un caminetto con la possibilità della brace, il semplice forno con una teglia foderata di cartaforno, potranno sostituire il fuoco e regalare momenti di vivace allegria.



Grigliata fatta in casa
Dosi per 8 persone
tempo: 1 ora + riposo della carne
1 loanghina (salsiccia arrotolata)
15 costine di maiale ben carnose

per gli spiedini di pollo
1 petto di pollo intero
3 cipolla
2 zucchina
1 peperone
1 manciata di pomodorini ciliegia

pangrattato aromatizzato con erbe aromatiche
olio aromatizzato con erbe aromatiche
Sale a discrezione

Preparate la carne in anticipo, disponendo su una teglia da forno le costine di maiale e la loanghina. Pennellate con un'emulsione di olio extravergine, limone ed erbe aromatiche miste sminuzzate bene. Quindi lasciate riposare almeno un'ora al fresco, coprendo con pellicola.

Nel frattempo preparate gli spiedini. Pulite ed asciugate la verdura, quindi tagliate il peperone in laghe falde, riducendole poi a quadrotti di circa 3x3 cm. Affettate a rondelle di regolare spessore anche le cipolle e le zucchine. Tagliate a cubetti abbastanza regolari il petto di pollo. Passateli nel pangrattato aromatizzato e iniziate a montare gli spiedini, alternando i cubetti di carne e le verdure.

Disponeteli in una teglia rettangolare, distanziandoli leggermente per permetterne la cottura omogenea.

Accendete il forno e portatelo a 220° ventilato, quindi infornate le due teglie: girate con regolarità tutti i pezzi, ogni almeno 15 min. e dopo circa mezz'ora di cottura, scambiate le due teglie di posizione, in modo che per entrambe si possa avere una doratura superiore e una "croccatura" inferiore.

Sorvegliate che il colore si trasformi virando verso un bel marrone scuro, ma senza bruciare!
Servite tutto ben caldo, accompagnato da una bella insalata fresca.


Le altre proposte per una giornata Al KM0, sono quelle delle care amiche che mi ospitano, e potrete trovarle qui:

colazione da Carla Emilia: Sagra della focaccia a Lavagna

fonti:
foto dello spiedo bresciano: qui
foto del barbecue: qui
© ESSENZA IN CUCINA

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