25 settembre 2016

Gnocchi di patate Magenta ripieni, con formaggio di capra e glassa di lamponi


Da oggi rientro nell'MTC.
Sono passati qualcosa come quasi tre anni dall'ultima volta.
E' stato un po' come quando pensi ad un amico caro con cui non parli da tanto tempo... Mi è salita un po' di nostalgia. Lo vedevo sfilare davanti agli occhi, mese dopo mese, sfida dopo sfida sostenuto da un gruppo che si faceva sempre più ampio, e viavia sempre più compatto e con nuove amicizie. Non l'ho mai perso di vista veramente, ma un conto è incrociare un amico per strada e scambiare un frettoloso saluto, ben altro è entrare nel vivo dello scambio, nel cuore della comunicazione, obiettivo massimo che si esprime in una buona amicizia.
Ed eccomi allora a riprendere la corrispondenza d'amorosi sensi che è in definitiva "l'essere nel cuore dell'MTC".
Riprendo in punta di piedi, umilmente e senza fuochi d'artificio perché, così come è per tutti gli esercizi che la vita ci offre da svolgere, anche qui si tratta di fare un piccolo percorso di crescita e arrivare a comprendere l'obiettivo dell'insegnamento sotteso all'esercizio.

La ricetta del mese è quella degli gnocchi di patate, un piatto col quale ho un particolarissimo rapporto di amore-odio: non li ho mai amati particolarmente per via di quella consistenza così "papposa", morbida e dolciastra, ma d'altro canto sono il comford-food per eccellenza, tanto del giovedì quanto della domenica. Non li ho mai nemmeno odiati veramente, perché a un certo punto del mio percorso in cucina ho capito che avrei potuto prepararli anche con ingredienti più stuzzicanti delle sole patate. Ecco quindi che da anni non si contano più le innumerevoli varianti di gnocchi sulla tavola di casa: da quelli con la zucca, con la castagna, con il pane secco, a quelli con la barbabietola, con la ricotta, con le erbe... ma mai più di sole patate. Anzi talvolta anche proprio senza patate. E' così che sono arrivata ad amarli. Ed è così che oggi torno alla base di partenza degli gnocchi: le patate.
In risposta alla semplicità a cui ricorro quando di tratta di dare una rilettura dei fondamenti essenziali, apro il mio cassetto più amato, quello dei colori. Patate Vitelotte e patate Magenta. 


Ma non mi basta il colore, per interpretare il piatto. Voglio anche "sentirlo", quindi penso anche alla sua morbida consistenza: ripenso a quella sensazione scivolosa sul palato, che amo contrastare con qualcosa di croccante. Poi, anche alla dolcezza intrinseca della patata, che mi piace si ma anche no, e allora immagino una punta acida nell'insieme, quasi complementare più che di contrasto. Infine qualcosa di amarognolo e sapido, che serve per bilanciare la rotondità degli gnocchi.
Ci sono: Gnocchi "Magenta" (colore!) ripieni di formaggio di capra (amarognolo e molto sapido) con bucce (croccanti) e glassa di lamponi (acida).

La ricetta è "Gnocchi di patate Magenta ripieni, con formaggio di capra e glassa di lamponi", ed è per l'MTChallenge n. 59: la Sfida degli gnocchi
GRAZIE ad Annarita Rossi, del blog Il Bosco di Alici  ed alla sua ricetta degli Gnocchi di patate


Questo è il piatto preparato per la famiglia e, siccome mi pareva quasi più bello di quello "fotografato apposta", 
lo pubblico senza vergogna :-)


Per gli Gnocchi
dosi per 4 persone
700 g patate magenta
150 g farina 00 circa
1 uovo piccolo
(opzionale: qualche goccia di succo di barbabietola)

Per il ripieno
100 g ricotta di capra (oppure anche vaccina)
50 g gorgonzola di capra (o anche un gorgonzola piccante)

Per il condimento
50 g succo di barbabietola
100 g lamponi
1 cucchiaino colmo di miele (acacia o tiglio)

60 Burro
Foglioline di salvia



Spazzolate e pulite molto bene le patate, tagliatele a spicchi SENZA SBUCCIARLE, quindi cuocetele al vapore finché saranno tenere ma compatte. Mentre sono ancora caldissime, spellatele attentamente, infilzando ogni spicchio con una forchetta ed aiutandovi con un coltellino, per riuscire a togliere le bucce come fossero una sorta di pellicola. Conservate le bucce, che serviranno per il condimento.
Sulla spianatoia, passate le patate con lo schiacciapatate e procedete ad incorporare l'uovo e la farina, viavia che l'impasto prende consistenza. Se il colore vi pare un po' scialbo, aggiungete qualche goccia di succo di barbabietole. Le patate infatti, in cottura mantengono un bel colore, ma con la farina e l'uovo, l'impasto tende a schiarirsi. Il tocco della barbabietola invece riporta tutto alla tinta originaria che hanno le patate.


Formate una palla e dividetela in 5 o 6 parti; da ciascuna ricavate una sorta di grissino un po' appiattito, grosso come un pollice. Tagliatene dei pezzetti regolari e procedete con il ripieno.
Il ripieno si prepara amalgamando i due formaggi: il gorgonzola è molto compatto quindi va prima "tritato", passato qualche secondo al microonde (potenza leggera, tipo defrost) e poi integrato alla ricotta in una ciotola aiutandovi con una forchetta.
Formate gli gnocchi aiutandovi con il palmo della mano, su cui "aprirete" la pasta di patate, inserirete una nocciolina di ripieno e poi andrete a richiudere il tutto, creando una pallina, grossa circa come una piccola noce.
Disponete gli gnocchi su un vassoio infarinato. Al termine di questa operazione, gli gnocchi vanno passati in freezer, per almeno un'ora.
Preparate la glassa di lamponi: in un pentolino scaldate i lamponi. Fateli andare a fuoco lento e si sfalderanno, passateli al colino cinese per toglierne i semi, quindi rimettete sul fuoco. Aggiungete il succo di barbabietola ed il miele. A fuoco lento, fate ridurre ed addensare un poco il composto. Raffreddandosi, poi, prenderà la consistenza della glassa. Anche questa preparazione può essere fatta in anticipo di alcuni giorni, perché la glassa si conserva bene in frigo, utilizzabile pure per altre preparazioni.

Al momento di preparare il piatto, togliete gli gnocchi dal freezer e lasciateli ammorbidire solo un poco. Calateli in acqua bollente e salata, per  un paio di minuti, finché verranno in superficie.
Raccoglieteli con un mestolo forato e passateli in pentola: una pentola che avrete preparata nel frattempo con il burro fuso al punto nocciola, qualche fogliolina di salvia e le bucce di patate che avevate tenuto da parte. Le bucce, passate nel burro ben caldo, diventano croccantissime e sono molto leggere.
Servite il piatto ben caldo, con qualche goccia della glassa di lamponi che completerà il tutto meravigliosamente, con il suo tocco di acidità.

SHARE:

19 settembre 2016

Crema di patate - di tutti i colori!


Oggi inizia, per il Calendario del Cibo italiano, la settimana della patata, e nel mio blog, vorrei poter fare onore alle patate di tutti i colori. Un po' della storia e delle origini di questo prezioso ortaggio, la leggiamo dunque grazie all'ambasciatrice della settimana, la carissima Sara del blog Qualcosa di rosso.
La patata è il tubero della pianta Solanum Tuberosum ed è arrivata in Europa solo dopo la scoperta delle Americhe, in particolare, dell'America latina e delle Ande peruviane, dove pare sia nata per mutazione spontanea. Le prime colture di tuberi risalgono a due secoli prima di Cristo nelle regioni intorno al Lago Titicaca, a 3.800 m d’altitudine tra Perù e Bolivia, là dove il terreno era reso particolarmente fertile dal guano, un concime formato dagli escrementi fossili degli uccelli marini. Da lì si diffuse in tutto l’impero degli Inca (Perù, Bolivia, Cile settentrionale, Nord-Ovest argentino, fino quasi all’Equatore). In lingua inca la patata era chiamata papa e da allora questo nome le è rimasto, con qualche variante, in quasi tutte le lingue occidentali. Nel Cinquecento i conquistadores spagnoli sbarcarono nell’America Meridionale alla ricerca dell'Eldorado, mitico paese dell’oro, trovandovi tra l’altro piante totalmente sconosciute in Europa, come cacao, fagioli, mais, pomodori, zucche, cotone, tabacco e la papa. La papa non entusiasmò gli Spagnoli, sia perché appartenente a un gruppo di piante spesso velenose – e velenosa essa stessa quando forma i germogli – sia perché, venendo da sottoterra, era considerata un prodotto strano, diabolico. Come le altre piante, tuttavia, fu portata in Spagna, passando da lì nei Paesi Bassi, in Francia, in Austria e poi nel resto d’Europa.*
Nonostante tutti i pregi che la caratterizzano, la patata non ha avuto un inizio folgorante in Europa se non a partire dalla seconda me
tà del 1700. Pare infatti che prima d'allora fosse ritenuta cibo per i poveri, adatta all'alimentazione degli animali e quindi letteralmente ignorata dagli europei.
Ci ha pensato il dottor Antoine Parmentier, che potrebbe essere eletto a pieno titolo come il primo a colonizzare l'Europa con la patata. Un aneddoto racconta infatti che Parmentier, che aveva già ben compreso -e studiato- il valore nutritivo e l'importanza della patata nell'alimentazione, si inventò un vero stratagemma per convincere di questo fatto anche il popolo contadino, il quale era molto avverso a consumarne. Fece venire delle truppe di soldati a sorvegliare notte e giorno l'appezzamento di terreno su cui stava coltivando le patate, facendo passare l'idea che si trattasse di un cibo davvero prezioso. Al punto che molti contadini si apprestarono a cercare di rubare le patate per poterle consumare.
Da lì, il successo delle patate è storia nota: a tutt'oggi si continua a fare ricerca e selezione tra le sue varietà che sono moltissime, talune anche con caratteristiche molto differenti tra loro e che le rendono, in cucina, più adatte a certe preparazioni piuttosto che ad altre.
Ci sono, tra le patate che troviamo in commercio, anche le varietà dolci, con polpa bianca o arancione, che non sono tuberi Solanum tuberosum, bensì radici tuberose di Ipomea batatas. Errore dunque classificarle nelle patate.
Tra le classiche patate, troviamo quindi le patate a pasta bianca, a pasta gialla, quelle novelle (raccolte quando sono ancora piccole e la pianta verde), quelle vecchie (raccolte quando sono più grandi e la pianta ormai ingiallita), le gialle con buccia rossa, le gialle con buccia viola... E infine, le viola e le magenta, quelle che campeggiano qui sopra. Dite, ma non le trovate meravigliose?

Diciamo subito che la ricetta proposta per quest'occasione non è (ancora) perfettamente in stagione, ma lo diventerà tra poco, quindi ho pensato di fare cosa buona e giusta ripescando dal fondo delle foto fatte in passato e non ancora pubblicare, questa bella crema di patate, che i francesi hanno voluto dedicare al grande Parmentier intitolandola "Potage Parmentier", ma che si declina molto bene anche in italiano... Semplicemente "Crema di patate".
Si, d'accordo, non ha nulla dell'eleganza che possiede il nome francese, ma lascio da parte le disquisizioni sulla lingua e pure quelle sulla provenienza originaria di questo piatto, perché la cosa che più mi diverte quando decido cosa fare per la cena, è quella di rendere la mia tavola di tutti i giorni, bella ed elegante come quella delle feste. Così, anche una semplice crema di patate, calda e confortevole nella stagione fredda, diventa subito preziosa se "vestita" in viola, oppure in rosa. Non trovate?
Mi fermo un attimo sulle patate Magenta, che ho trovato proprio solo ieri al mio supermercato più gettonato, e che subito ho provato. Sono saporitissime, davvero un altro pianeta, anche solo rispetto alle sorelle viola, le patate Vitelotte, che avevo usato per la crema viola.
L'etichetta racconta, di queste patate Magenta, che si tratta di una varietà creata per sostenere l'economia delle popolazioni andine, ma poiché si adattano bene anche ai nostri climi, vengono prodotte anche in Italia. Sono anch'esse ricche di antociani, sostanze antiossidanti presenti in grosse quantità nei cibi di colore viola.


la Crema con le patate Magenta

la Crema con le patate Vitelotte

Crema di patate
(o Potage Parmentier)
700 g patate - del colore a voi più gradito -
2 cipolle piccole
burro
sale, pepe, dado vegetale

Soffriggere a fuoco debole, le cipolle tritate. Aggiungere anche le patate, pelate e tagliate a pezzi grossolani. Coprire con acqua quanta ne basta per arrivare a filo e non di più. Io ho usato la pentola a pressione, quindi chiudo il coperchio e inizio a contare il tempo a partire dal fischio, 10 min., ma voi potete anche scegliere la cottura tradizionale, a fuoco lento. Quando le patate saranno molto tenere, aggiungete un cucchiaino colmo di dado vegetale e verificate se necessita di regolare il sale, poi passare con il frullatore ad immersione fino ad una consistenza liscia e vellutata.
L'ho gustata con delle scagliette di parmigiano, che trovo adatto per questi ingredienti, ma anche con dei crostini al rosmarino, questo piatto davvero non vi deluderà.

*Fonte: per le origini della patata:
http://www.treccani.it/enciclopedia/patata_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/





SHARE:

12 settembre 2016

Robiola (quasi una Prescinseua) e Primosale


Diciamo subito che questo post, come molti altri scritti in tempi passati, è di quelli nati dalla mia fissa per non buttare via nulla, che poi a forza di tentativi e di piccoli ricordi ripescati e lavorati a dovere, arriva ad insegnarmi qualcosa che val la pena di condividere.
Stavolta si trattava di latte fresco intero andato a male: un litro di Latte Bio intero da agricoltura biologica, acquistato e andato subito in acidità nonostante fosse ampiamente entro la data di scadenza. Quasi certamente è stata colpa di una "catena del freddo" non del tutto efficiente, ma va da sé che il latte in questione poteva solo essere: 1° riportato al negoziante con le dovute rimostranze per sostituirlo con uno buono; 2° buttato via senza se e senza ma.
Dato il mio carattere, l'opzione 2 era quella più diretta. Ma ecco che il neurone, afflitto da voglia di vacanze però ancora iperattivo, inizia ad accendersi a piccoli spot con intuizioni confuse, dentro cui ho ricordato un piccolo librino, comprato in montagna l'altra estate, Formaggi, ricotta, burro, yoghurt, a cura di Patrizia Patelli, ed. Arsenale... Un paio di giorni di letture, a cui sommare un giorno d'attesa perché la farmacia procurasse la boccetta di caglio, ed eccomi pronta per caseificare in casa.
Sorvolo sulle varie prove, ma già quel primo "tentativo" con il latte andato a male era degno di nota, avendo potuto constatare inequivocabilmente che anche quando il latte è fortemente acido, basta pochissimo calore ed una goccia -UNA- di caglio per dar vita ad un'ottimo Primosale... [io poi l'ho aromatizzato con rucola e basilico perché quella volta lì il latte aveva un sentore leggero di "stalla", una roba un po' rustica che anche il suo formaggino manteneva ben distinguibile].
Mi fermo invece sulla semplicità assoluta, richiesta da quei pochi gesti necessari per fare il formaggio in casa. Insisto un poco anche sull'aspetto economico della cosa, perché prendendo del latte crudo fresco dai distributori che oggi si trovano in molti dei nostri paesi, che costa circa la metà del latte alta qualità che troviamo in negozio, il formaggino Primosale che se ne ottiene costa a sua volta circa la metà di quello in commercio.
Sulla freschezza e sulla bontà del risultato non mi soffermo né insisto: provate per credere!

Dopo aver fatto pratica con il Primosale, ho voluto "evolvere" ed ho cercato indicazioni per la Robiola freschissima: io puntavo ad ottenerne una versione spalmabile, che avesse quella punta di acidità per poterla usare nei piatti salati, come base per una salsa oppure occasionalmente anche in una cheese cake. E ci sono riuscita.
Ora, sia per la Robiola che per il Primosale, non si tratta di vere e proprie ricette, ma solo di molti appunti e consigli, che cercherò qui di riunire in maniera chiara ed essenziale.

Primosale di latte vaccino
Ingredienti
2 lt. latte vaccino fresco crudo
(si tratta del latte acquistato presso i distributori di latte che troviamo nei nostri paesi)
2 cc caglio liquido
(lo trovate in farmacia e si conserva in frigo)
sale



Si tratta di un formaggio fresco e leggermente compatto con finissime occhiature, dal sapore dolce, ottimo da consumare crudo con verdure croccanti in pinzimonio, oppure in torte salate e ripieni.
Preparate una pentola in acciaio ben pulita ed asciutta, trasferitevi il latte e portatelo a temperatura 37° - 38°. Aggiungete 2 cc di caglio, aiutandovi con una siringa per dosarlo al meglio. Rimestate bene con un cucchiaio in acciaio, quindi coprite con un coperchio, avvolgete la pentola con un asciugamani ampio e riponetela in luogo dove possa mantenere al meglio il suo tepore. Io la metto nel forno spento, dove il calore si mantiene.


cagliata (aromatizzata con erba cipollina) in fase di filtraggio, nelle fuscelle

Lasciate riposare il tutto per due ore e, con un lungo coltello, rompete la cagliata praticandovi dei tagli: create una sorta di "grata", con tagli perpendicolari tra loro. Lasciate riposare un quarto d'ora, nel frattempo preparate una ciotola ed un ampio colino, oppure -se ne avete tenute da parte- preparate le fuscelle di plastica dentro cui a volte si trova in commercio la ricotta. Come vedete qui, ho rivestito la fuscella con della garza sterile che vendono in farmacia e che avevo già in casa per le piccole evenienze "infortunistiche" -quindi non l'ho comprata apposta-. In alternativa potete usare della tela bianca leggera, pulitissima. L'accorgimento è valido perché trattiene meglio la cagliata.
Trasferite tutta la cagliata, raccogliendola con un mestolo forato: riempirete varie fuscelle, perché la resa per due litri di latte, una volta colato il tutto è circa di 550 di formaggio. Lasciate scolare alcune ore, tenendo rigirato il panetto che va compattandosi man mano che cede siero. Il formaggio è pronto da consumare nel giro di mezza giornata.
Se si ha cura di usare delle fuscelle con forme adatte per dimensioni, è possibile poi far stagionare questo formaggio, curandone la salatura e la movimentazione, per circa 15 gg.; si ottiene una sorta di formaggella. Il suo sapore è però molto delicato, inoltre per procedere con questo genere di stagionatura, bisogna avere ambienti con temperature ed umidità adeguate. Il mio consiglio è di consumarlo così com'è, freschissimo e nel giro di due - tre giorni al massimo, conservandolo in frigorifero  temperatura 5°.


Robiola da spalmare
Ingredienti per circa 400 g di robiola
1 lt. latte vaccino fresco di alta qualità
(pastorizzato ed omogeneizzato)
125 g yogurt naturale intero
caglio liquido
(lo trovate in farmacia e si conserva in frigo)
sale fine

cagliata per la Robiola, dopo 24 ore

Si tratta di un formaggio fresco anche stavolta, morbido e con una punta di acidità, ottimo da gustare in purezza, ma anche come base per delle creme spalmabili, dei paté, per preparare torte di formaggio, dolci e salate, per ripieni e per condimenti.

Lasciate che il latte e lo yoghurt, rimanendo fuori dal frigo, arrivino alla temperatura di circa 18°. Uniteli, in un contenitore in acciaio, ben pulito ed asciutto. Aggiungete UN cc di caglio liquido, aiutandovi eventualmente con una siringa per un dosaggio più preciso, quindi amalgamate bene con un cucchiaio d'acciaio. Coprite e lasciate riposare a temperatura ambiente per 24 ore.
Già dopo solo alcune ore, vedrete che il late si sarà rappreso, come in fotografia. Passate le 24 ore, colate il siero* e trasferite il panetto cagliato in una ciotola. Si sfalderà, ma è giusto che sia così; salatene leggermente la superficie e lasciatelo riposare così ancora per qualche ora: cederà ancora un po' di siero. Eliminatelo e poi procedete a lavorarlo un po' con un cucchiaio, per ottenere la crema.
A questo punto la nostra Robiola è pronta: avrà un gusto leggermente acidulo, una consistenza cremosissima e potrete usarla sia in purezza che per tutte le preparazioni in cui usate ad esempio la ricotta. Considerate che per fare in casa la vera ricotta servirebbero litri e litri di siero, per una resa comunque molto contenuta. Facendo in questo modo invece, otterrete un formaggio naturale, che potrà sostituire molto bene la ricotta commerciale. E a noi è piaciuto tantissimo.

Una nota: in un'occasione particolare, la signora Van Pelt :) mi ha fatto dono di una confezione di "Prescinseua", un formaggio cremoso tipico di Genova ed introvabile altrove, che io non avevo mai assaggiato. Ecco, per chi vuole fare una simil-Prescinseua, con questa riceta potrà avere un buon risultato... Lo dico senza pretese e consapevole che la Prescinseua è tutta un'altra cosa, eh!
*Il siero è un elemento prezioso, che potete anche conservare in frigorifero ed utilizzare in varie occasioni. Io ad esempio l'ho usato al posto dell'acqua nella preparazione di focacce e pani, ed anche per una torta lievitata e semplice, al posto del latte o dello yoghurt.
SHARE:
© ESSENZA IN CUCINA

This site uses cookies from Google to deliver its services - Click here for information.

Professional Blog Designs by pipdig