27 febbraio 2016

Acquacotta al tarassaco

Acquacotta al Tarassaco


L'Acquacotta è un cibo poverissimo, di cui si ha traccia già dai tempi del medioevo come piatto in uso tra i mandriani e i carbonai, che partivano da casa con una bisaccia piena di poche cose e stavano via mesi interi. Ce lo racconta molto bene Tamara con il suo post per il Calendario del cibo italiano.
Leggendolo, mi sono resa conto che è proprio dall'acquacotta che traggono origine le minestre che facevano le mie nonne.  L'acquacotta nasceva anche dall'uso delle erbe spontanee che i prati, a seconda della stagione, "regalavano" alla gente povera.
In tempi recentissimi è diventata quasi una moda, quella di tornare all'uso di riconoscere e raccogliere erbe spontanee, recuperando antichi sapori anche sulle tavole di oggi. Per me personalmente questa passione ha avuto uno sviluppo in crescita: è sempre più alto il numero di erbe che so riconoscere e, per ogni nuova varietà che riesco ad introdurre nel mio piccolo "erbario personale", aumenta anche la possibilità di intuirne la migliore valorizzazione. Lascio un po' da parte invece l'approfondimento legato ai principi curativi di cui le erbe spontanee sono portatrici, convinta che il fatto di mantenere quest'abitudine insieme alla rotazione delle tipologie consumate, porterà benefici a prescindere dal conoscerli.
Concordo che andar per boschi a reperire qualche buon fiore per fare anche solo una semplice zuppa, piacerebbe a molti ma è cosa davvero difficile per tutti. Il tempo è tiranno nelle nostre vite e quel che si può fare, spesso è poco; crediamo che serva del tempo per pulire, tagliare, soffriggere e cuocere, ma in realtà basta davvero poco: giusto l'attenzione di scegliere un buon verduraio, da eleggere a persona di fiducia quando andiamo di fretta e non possiamo disquisire le scelte. Oltre a questo serve poco altro: un quarto d'ora per la loro preparazione, poco di più per la cottura. E' così, fidatevi: non serve bollire per ore le verdure, "snervandole" e privandole della loro croccantezza. E poi, può sempre verificarsi il caso, come questo, che dal praticello del nonno abbiate in dono qualche piccolo cespo di tarassaco, detto anche dente di leone o più semplicemente cicoria (ne è una delle tante varietà)


Acquacotta al Tarassaco
dosi per 4 persone
2 patate grosse
1 cipollotto fresco
completo del gambo verde
2 carote
2 coste sedano bianco
1 manciata generosa foglie di tarassaco
a piacere: aglio, sale, dado vegetale fatto in casa
Fette di pane raffermo

Pulire e tagliare a pezzettoni tutta la verdura. Mettere tutto in pentola tranne il tarassaco, coprire con acqua poco oltre le verdure e cuocere, con il coperchio, fino a che le verdure saranno tenere.
Nel frattempo in una pentola a parte, mettere le foglie di tarassaco a bollire per circa 15 min. Togliere dal fuoco entrambe le pentole: passare con il frullatore ad immersione le verdure lasciando però qualche pezzetto, aggiustando di dado, sale e pepe. Colare le foglie di tarassaco e strizzarle dall'acqua amara*, ridurle anch'esse in purea col frullatore ed aggiungerla alla zuppa.
A me è piaciuto metterne qualche cucchiaio nei singoli piatti, con un paio di fette di pane raffermo gratinate col parmigiano, e un filo d'olio buono.
In maniera più veloce, dopo averle strizzate si possono unire alla minestra e passare tutto insieme. La zuppa resterà verdissima.

* Quest'acqua è a tutti gli effetti un decotto, contiene sali preziosi per l'organismo, possiede alte qualità depurative, ma il suo gusto amarognolo renderebbe la zuppa meno gradevole. La si può conservare in una brocca e berne un bicchiere al giorno a digiuno, sfruttandone a fondo le proprietà biologiche.
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19 febbraio 2016

Sua Maestà... il Prosciutto in Crosta


Ebbene, si lo ammetto, non  avevo mai, MAI, cucinato un prosciutto in crosta. E a dirla tutta è un piatto che nemmeno conoscevo!
Ma per il Calendario del Cibo Italiano di AIFB, mi son buttata letteralmente a capofitto in questa ricerca ed ho scoperto un mare di cose interessanti, che non immaginavo.
Ad esempio,  che sono molte le ricette arrivate nel Friuli grazie all'antica colonia romana di Aquileia, che ancora oggi fanno parte della tradizionale cucina Friulana. e che il prosciutto in crosta è tra questi.


Ma una cosa che mai avrei immaginato, è che le successive -e più recenti- vicende storiche che legano tutto il Nord Est all'Impero Austroungarico, fossero alla base delle contaminazioni con le cucine slava e boema, grazie alle quali anche presso di noi, usanze di conservazione della carne di maiale come l'affumicatura, sono diventate motivo di sviluppo di una florida produzione locale.
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Il Calendario è rivolto a tutti i blogger, associati e non associati.

Partecipare è semplice: per le Giornate Nazionali, basterà pubblicare la propria ricetta nella giornata che si celebra, entro la mezzanotte, lasciando il proprio link nei commenti all’articolo dedicato sul sito Aifb. Per le settimane, invece, si ha più tempo a disposizione e volendo/potendo si possono pubblicare più ricette, ma non più di una al giorno, sempre lasciando poi il proprio link nei commenti all’articolo dedicato sul sito Aifb.
Se si volesse pubblicare la propria ricetta in contemporanea all'uscita dell'articolo di presentazione sul sito Aifb (che esce alle 9 di ogni giorno per le Giornate Nazionali e alle 14.30 di ogni lunedì per le settimane), bisognerà programmare la ricetta sul proprio blog, contattare l'Ambasciatrice referente ed inviarle il relativo permalink almeno due giorni prima l'uscita dell'articolo sul sito Aifb.
Qui troverete l’elenco in continuo aggiornamento delle Giornate nazionali e delle settimane che si susseguiranno per potervi poi organizzare al meglio.
Nel proprio post si deve sempre fare riferimento al Calendario del Cibo Italiano e alla Giornata o settimana che si vuole celebrare, linkando il relativo articolo apparso sul sito Aifb.
Gli hashtag che animeranno il web durante questa lunga kermesse sono
#calendariodelciboitaliano #calendarioaifb #italianfoodcalendar


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13 febbraio 2016

Chiacchiere Light! Per il Carnevale Ambrosiano



Sono tremendamente in ritardo per il carnevale di quest'anno, infatti le pubblico prendendo la scusa di farle rientrare nel Carnevale Ambrosiano che chiude i festeggiamenti il sabato successivo al martedì grasso; è che, davvero queste chiacchiere non ve le potete perdere: sono quanto di più leggero, croccante e goloso si possa inventare nel mondo dei "senza". Infatti sono senza uova, senza burro, quasi senza zucchero e, con pochissimo sforzo, anche gluten free*. Saranno perfette per concedervi una licenza in più anche durante la quaresima oppure -perché no- per il fine cena del vostro San Valentino!
La ricetta l'avevo trovata in rete fin dallo scorso anno da lei, ma anche da altre care amiche blogger che l'avevano interpretata pur con qualche variante.
Nemmeno io sono immune al desiderio di personalizzare, soprattutto perché da qualche tempo cerco di limitare il consumo di farine bianche in genere, con l'intento di abbassare la quantità di glutine che metto in tavola. Non fanno eccezione i dolci, per i quali amo tantissimo creare dei mix di farine diverse, usandone anche di insolite, come quelle di sorgo, d'avena, di miglio, di castagne o di grano saraceno...
Quando mi vien voglia di fare un dolcetto, apro lo sportello dove tengo la mia preziosa scorta e, in base a quel che trovo, "invento" un po'. Sono momenti in cui mi sento un po' maga e un po' strega. Ci metto un po' di quel sapere che viene dall'esperienza e un po' di follia. Mi piace osare e provare, anche a costo del rischio di un bel "flop". Che è sempre lì dietro l'angolo eh! Sappiate che se in questo momento mio marito potesse dire la sua perderei le credenziali, perché anche quanto le cose non vengono bene, un tentativo per non buttarle è d'obbligo: ovvero si cerca di mangiarle... Ci si sforza con torte che si sono "sedute" raffreddandosi, pani che non sono ben lievitati, arrosti un po' stopposi, risotti dai colori improbabili e via dicendo. E lui, porello, si sforza più di tutti nel martirio.
Ma questa ricetta è collaudata: ormai l'ho fatta parecchie volte, ogni volta cambiando il mix delle farine e sempre con i massimi risultati.
Oggi ho usato il grano saraceno con il farro integrale, e trovo che sia un mix molto aromatico e particolare. Ma se non avete queste farine, usate semplicemente la farina 00, oppure provate a fare i vostri esperimenti, rispettando queste proporzioni.



Chiacchiere Light
dosi tranquillamente raddoppiabili
(per accontentare tutti!)

80 g. farina di grano saraceno
70 g. farina di farro integrale*,
più un poco per tirare le sfoglie
120 g. yogurt greco
500 ml. circa di olio di semi per friggere (io di mais)
Zucchero a velo
*per una versione gluten free
potete sostituire con farina di riso

Impastare, a mano o nel mixer, gli ingredienti aggiungendo la farina man mano per potervi regolare sulla quantità necessaria in funzione dello yogurt. Rovesciate il composto sul piano di lavoro, raccogliete il tutto e fatene una palla, che avvolgerete nella pellicola e lascerete riposare circa mezz'ora. Io anche un pomeriggio intero, in frigo.
Staccate dei pezzetti grandi come un uovo e tirate delle sfoglie sul piano ben infarinato. Fate in maniera che siano sottilissime. Con la rotella dentata tagliate dei rombi, re-impastando i ritagli.
Scaldate l'olio in una pentola del diam. circa di 20 cm. (perché così sarà piuttosto profondo) e quando è caldo al punto giusto iniziate a calare le sfoglie, poche per volta. La temperatura ideale è circa 160°, ma a se non avete un termometro... l'olio è caldo al punto giusto quando, immergendovi un pezzetto di pane secco inizia a galleggiare e farvi le bollicine intorno.
Mantenete la fiamma a media intensità, perché è indispensabile che sia caldo ma non troppo: queste chiacchiere infatti richiedono pochissimi secondi di cottura per lato e tendono a scurirsi subito. Aiutatevi con una pinza nell'operazione di cottura, per poter girare i pezzetti e toglierli velocemente. Posate su fogli di carta assorbente e, quando è il momento di servirle, cospargete con lo zucchero a velo.
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© ESSENZA IN CUCINA

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