Sua cugina spagnola è tornata a Bergamo e Il Giopì, che a malapena si ricordava di quello zio che anni fa era partito per la Spagna a lavorare, manco sapeva di averla, una cugina "spagnola"! Stebana, si chiama... o forse Estefana, o no, gli sembra Estebana. Mah!
In realtà quello che più lo preoccupa, non è ricordarsi il nome giusto, no. Piuttosto è che bisogna andare a trovarla, questa cugina. E lui, a Bergamo, non è mai sceso! Mai, 'ché tanto nelle sue montagne, si sta così bene!
Pensava perfino che non sarebbe mai andato a Bergamo in vita sua invece adesso gli tocca; e così, il Giopì si appresta a prendere la littorina per andare in città.
"Quat à costèl ol biglièt per Berghèm?" chiede, baldanzoso alla stazione di Clusone.
"Méla franc"...
"Cos'è?? Mèla franc? no, no, l'è car, l'è car!!! Piotòst a'ndo a pè!" [Quanto costa il biglietto per Bergamo? Mille lire... Come?? Mille lire? no, no è carissimo, piuttosto vado a piedi!]
E così dicendo si avvia a piedi verso valle. Strada facendo incontra un mercato e, dopo aver riflettuto un po', decide che sarebbe stato un bel pensiero, portare alla cugina qualche pietanza tipica della valle... Un po' della farina di mais di Rovetta, e un bel pezzo di formaggella della Valseriana.
Giunto a Ponte Nossa, ripassa in stazione: "Quat à costèl ol biglièt per Berghèm?". "Ottsento franc"... "Bestia se l'è car a mò! A 'ndo zo a mò 'npo, dai...!" [Quanto costa il biglietto per Bergamo? Ottocento lire... Accidenti quant'è caro ancora! Scendo a piedi ancora un po',dai!]
Giunto a Vertova, in un gran viavai tra la strada principale e la piazza della Chiesa, un negoziante espone la propria merce ordinatamente sul un bel banco, proprio fuori dalla bottega, sulla strada: ci sono anche i biligòcc! Sono quelli dell'anno scorso, perché per quest'anno si dovrà aspettare febbraio, ma si conservano benissimo e questi sono ancora molto belli... E vadano pure loro per la cugina spagnola.
Intanto arriva a Gazzaniga, ormai a metà strada, e la stanchezza inizia a farsi sentire. Passa per la stazione: "Quat à costèl ol biglièt per Berghèm?". "Sìcsento franc" [cinquecento lire]
Il Giopì ci pensa un momento, cinquecento lire non sono troppe, ma ha già fatto qualche spesa durante il viaggio, così decide di proseguire a piedi ancora un po'.
E arriva a Nembro: il mercato della verdura, qui, ha dei colori bellissimi: ci sono le zucche, le cipolle, la verza... l'immancabile verza. E poi anche i funghi! Ne trova di varie qualità, ma tra tutti sceglie i pioppini, sono così carini. Al Giopì, quei funghetti fanno tanta tenerezza: gli ricordano i pulcini che stanno vicini-vicini quando fa freddo. Pensa che sono una piccola preziosità, da portare alla cugina Estebana. Con qualche bella foglia di verza, anche i pioppini entrano in saccoccia.
Giunto a Torre Boldone, ormai prossimo a Bergamo, pensa che tra tutte le buone mercanzie che porterà alla cugina, ci vorrebbe qualche bella salsiccia, perché con le verze, la salsiccia è la sua morte... Cerca dunque il macellaio che, guardacaso, è proprio vicino alla stazione... Curioso s'avvicina alla biglietteria: ""Quat à costèl ol biglièt per Berghèm?" "Sento franc". "sento franc??! Isse pocc? Men daghe dess!". [Quanto costa il biglietto per Bergamo? Cento lire. Cento lire??! Così poco?? Me ne dia dieci!]
Così, felice di tutti (ma proprio tutti!!) gli affari fatti quel giorno, il Giopì arriva finalmente in Borgo Santa Caterina, con la littorina, dalla mitica cugina spagnola. Le porta orgoglioso tutte le specialità che la sua Valle può offrire, che non sono lussuose, ma preziose, di quella preziosità che prende valore grazie alla mano dell'uomo.
E allora la cugina Estebana, per rendere omaggio a tanta generosità, usando gli ingredienti avuti in dono dal Giopì, decide di cucinare qualcosa che di certo lui non può conoscere, perché sono Las Tapàs! Non un solo piatto, ma ben tre preparazioni: le Tapa, piccole monoporzioni di un piatto che nasce per essere una portata vera e propria; los Pinchos, bocconcini che si gustano rigorosamente infilzati con uno stecchino; i Montadito, fette di pane con assaggi di pietanze e salse molto saporite.
Per l'MTC nr. 60, la sfida di ottobre della mia amica Mai, spagnola di Catalunya, ecco una (spiritosa) rilettura di una barzelletta conosciutissima in bergamasca, che rende bene l'animo di noi "locali", tanto generosi, ma talvolta così ingenui!
Ed ecco quindi le mie ricette, che a riguardarle nell'insieme potrebbero essere servite in uno dei nostri rifugi, in montagna, magari in una giornata uggiosissima come era quella di ieri -quella in cui le ho preparate-
La Tapa
Sòpa de Biligòcc coi fons piupì
Zuppa di castagne con funghi pioppini
dosi per 8 bicchierini
400 g biligòcc* secchi
1 bicchiere di vino rosso da tavola
due tazze abbondanti di brodo vegetale
200 g funghi pioppini freschi
1/2 cipollina bianca
1 rametto di rosmarino
olio e sale
*I Biligòcc sono castagne, che dopo la raccolta vengono poste ad affumicare, in appositi essiccatoi (veri e propri edifici posti ai margini del paese) per circa 40 giorni, quindi bollite per qualche ora e lasciati nuovamente asciugare. Vengono venduti in "collane", ovvero infilati lungo uno spago come fossero perle di una collana, appunto. Per essere consumati, vanno lasciati a bagno una notte e bolliti per circa due ore. Il loro gusto è molto aromatico e leggermente amarognolo, ma per chi ama le castagne è una vera particolarità.
Mettete a bagno i biligòcc per una notte, quindi cambiate l'acqua d'ammollo e metteteli a cuocere, partendo da acqua fredda a cui avrete aggiunto il bicchiere di vino rosso, per circa due ore. Lasciateli intiepidire, quindi procedete a spellarli. Raccogliete la polpa e passatela al minipimer con del brodo vegetale, regolando la quantità per ottenere una crema vellutata, che regolerete di sale.
Pulite i pioppini dalla terra, sciacquateli velocemente ed asciugateli, quindi soffriggeteli insieme ad un trito di cipolla, in una pentola antiaderente con poco olio e del rosmarino.
Preparate i bicchierini con la crema di castagne sul fondo e una cucchiaiata di funghetti, appena spadellati. Da gustare caldo!
Il Pinchos
Pulenta taràgna
dosi per pinchos in abbondanza
100 g Farina di Mais Rostrato di Rovetta**
300 ml acqua
sale
150 + 50 g Formaggella Valseriana
100 g panna fresca
**Il mais è un prodotto divenuto ormai talmente tipico della provincia bergamasca da essere ormai un'icona. A dispetto del territorio aspro e avaro di coltivazioni, non mancano le eccellenze: sulla piana di Rovetta troviamo questa rara preziosità. Un mais dal colore rosso ramato, caratterizzato da file di chicchi rostrati, da cui si ottiene una farina dalla grana particolarmente grossa, e che dà origine ad una polenta molto rustica, ottima se mantecata con un po' di formaggio aggiunto a fine cottura. Una sorta di polenta taragna. Lo abbiniamo a della Formagella della Valseriana, formaggio grasso a pasta semicotta, tutelato da disciplinare.
Preparate la polenta, nella maniera classica: portate a bollore acqua con un cucchiaino di sale grosso. Aggiungete la farina, tenete mosso con una frusta per evitare la formazione di grumi. Quindi, dopo alcuni minuti, cambiate la frusta con il cucchiaio di legno e continuate la cottura rimestando la polenta, per circa 40 minuti. A circa tre quarti dal termine, aggiungete 50 g di Formagella, ridotta a dadini e fate in modo che si sciolga, prima di togliere la polenta dal fuoco. Rovesciatela in una pirofila e livellatela con un cucchiaio. Quando sarà raffreddata, ricavate delle palline (ma anche dei cubotti andranno bene), infilzandoli con uno stuzzicadenti. In un pentolino, lasciate in infusione la panna col formaggio tagliato a dadolata, per circa mezz'ora. Quindi, al momento di servire, sciogliete la fonduta, mentre gratinate le palline al grill del microonde. Servite in piccoli bicchierini, con un fondo di fonduta e le palline di formaggio infilzate.
NB: non avevo dei bicchierini trasparenti in cui "montare" questo piatto, l'ho messo usando quello che avevo.
Il Montadito
Erza é codeghì
Verza e cotechini
dosi per 8 montaditos
4 panini integrali alle noci
200 g verza tenera
1 piccola cipolla
1/2 mela
olio
2 cotechini
per la riduzione di aceto al miele
100 g aceto di mele
2 cucchiaini colmi di miele chiaro
Verza e cotechino è un piatto di chiara origine lombarda. E' la versione pret-a-porter della più complessa Cassoeula: in ogni casa può essere preparata anche con questa "veste veloce", pronta in circa mezz'ora senza rinunciare al gusto davvero tipico che caratterizza il piatto originale. Qui, la accompagno con una riduzione di aceto e miele, una sorta di salsa la cui dolcezza ed asprezza, esalta in maniera golosissima questo insieme di sapori un po' forti.
Preparate un trito con la cipolla e mondate la mela; soffrigete il tutto in poco olio. Saltate insieme, poi, anche la verza mondata e ridotta a striscioline. Aggiungete poca acqua e regolate di sale, cuocendo fino a rendere il tutto piuttosto tenero. Mettete tutto nel bicchiere del minipimer e riducete a crema, magari agevolando l'operazione con l'aggiunta di paio di cucchiai d'acqua.
Scaldate una pentola antiaderente e fate cuocere, così a secco, la salsiccia, tagliata a fettine. Lasciatela andare per alcuni minuti, giusto il tempo di sgrassare la carne e far colorire i pezzetti, in modo che la caramellizzazione degli zuccheri che contiene possano donare quel gusto inconfondibile.
Tagliate i panini a metà, scaldateli e passateli con la crema di verza. Aggiungete i pezzetti di cotechino ben tostati e caldissimi. Infine, qualche goccia di succulenta riduzione di aceto al miele.
Per la riduzione di aceto al miele
In un pentolino piccolo con il fondo spesso, ho scaldato l'aceto ed il miele, lasciando andare a fuoco bassissimo fino che il tutto di è ridotto ad una consistenza simile quella dell'olio. Prima di togliere dal fuoco, vi ho aggiunto e sciolto due cucchiai di aceto. Senza attendere che sfumasse ho tolto il tutto dal fuoco ed ho trasferito in un vasetto con coperchio, per poter conservare questa glassa in frigo. Raffreddandosi, la sua consistenza diverrà simile a quella del caramello. Anche il suo gusto è molto dolce, ma l'aggiunta di quel tocco d'aceto all'ultimo rafforzerà il sentore aspro, che nella cassoeula darà il meglio di sé.
Socia, questa non la conoscevo, ma ricorda molto da vicino molte delle barzellette che il mio papa' amava raccontare e che avevano per protagonisti alcuni suoi concittadini. Sulle ricette non spendo parole, parla il DNA! Un abbraccio forte Cinzia, sperando di poterlo fare nel reale e anche molto presto....
RispondiEliminaE già cara Roberta, è proprio vero che il DNA non mente
EliminaGrazie un abbraccio sperando di incontrarci presto!
Caspita che belle, le vedo adesso, mi erano sfuggite. Certo i sapori di montagna sono simili sia nelle mie montagne che nelle tue. Avevo anche pensato alle castagne, ma qui è ancora presto. Immagino pociare la polenta nella crema di formaggio, una goduria polentona come sono. Per l'ultima la dividerei con mio marito, a lui el codeghi ;) e a me la erza. Complimenti ancora anche per il racconto nel dialetto bergamasco. Un abbraccio
RispondiEliminaGrazie Daniela, è vero, in Veneto bergamasca le cucine ed anche i prodotti Sono molto simili... :) e così anche i nostri modi di concepire un piatto finiscono per assomigliarsi, si!
EliminaGrazie di esser passata da me, e ti dico subito che il tuo blog è bellissimo e le tua tapas autunnali e montanare sono superbe! brava
RispondiEliminaGrazie Sabry! :-)
Eliminabeh la mia nonna bergamasca avrebbe amato moltissimo la tua idea di abbinare la barzelletta alla preparazione con tutti i prodotti tipici. E' stata una lettura piacevole e quel montadito mi fa venire l'acquolina
RispondiEliminaAh si, Ilaria, per le nonne, poi, c'era un senso dell'umorismo tutto particolare, considerate le nostre modalità così veloci (noi oggi non rideremmo più di certe barzellette antiche..)
EliminaGrazie!
Ciao Cinzia, è sempre bello risentirti. Mi è piaciuto leggere questa pagina del tuo blog, al di là delle bontà che ci hai preparato. Sono appena tornata da un viaggio in sud America bellissimo, sono stata anche alle Galapagos. Avevo proprio bisogno di staccare. E' stato un anno davvero pesante, ma lentamente mi sento meglio... un grande abbraccio
RispondiEliminaSperiamo Carla, che qualche viaggio e un po' di (sano) distacco, portino leggerezza nella tua vita :)
Eliminaun bacio grande!
Mi sembra tanto di rivedere mio suocero in quel racconto... amo le tue tapas, forse perché sono sapori ormai talmente dentro di me che non potrei farne a meno.
RispondiEliminaEh già Chiara, mi sa che tuo suocero ne aveva si, di barzellette "veraci " da raccontare, da buon bergamasco!! E ormai anche tu un pochino ti sei fatta contagiare :-D
EliminaCinziaaaaa!!!! un abbraccio anche se virtuale per adesso…
RispondiEliminaMa quanto è bello ritrovarti qui perché è sempre un estasi leggerti e vedere le tue ricette mai banali e sempre con quel retrogusto autentico e signorile che dai ai tuoi piatti e che intravede "claramente" nelle tue foto!
Se ti dico che ho capito tutto il dialogo del tuo Giopi? Guarda che un po' si assomiglia al catalano, magari perché ce del gutturale dentro, come il milanese…
Ma guarda un po' te, cosa uno non fa per la cugina spagnola..?
io ti dico già che devo trovare i biligòcc perché la tua sòpa potrebbe salvarmi dalle serate fredde e insonni! Stratosferica. E poiana zuppa calda nelle tapas ci voleva, perché ormai stiamo andando verso il freddo e credo che lì in quei di Bergamo lo sentite prima di no qua in pianura (accidenti la nebbia però…)
Sai questo tuo racconto per delle tapas di Berghèm… è così accattivate e simpatico allo stesso tempo che ti fa stare sul pezzo senza distrarti (anche se e difficile vedendo le tue foto…) per potere vedere cosa e quale bottino porterà alla cugina.
Hai avuto una bellissima idea e come sempre le tue ricette sono stupende di quelle che dici mangerei tutto, ma tutto tutto, e poi ti senti benissimo perché era tutto mangiare vero! E qui ce un tripudio delle montagne e vali bergamasche!
Certo che si mangia benissimo da voi, e adesso ancor di più che avete le tapas ad doc!
Cara Mai, io invece mi sto sognando delle tapas vere, come solo da voi so che si possono gustare.. e chissà che prima o poi riesca anch'io a fare un viaggetto in Espana! Per ora.. besos!!
EliminaSono arrivata in fondo a questo racconto con un sorriso stampato in faccia, e vista l'ora andrò a dormire contenta, perché le tue storie valligiane mi aprono sempre il cuore. Specialmente leggendole in dialetto, quella lingua così strana e misteriosa che però per me ha un suono ancestrale che mi mette felicità.
RispondiEliminaOgnuna delle tue ricette è stupenda quella sopa coì biligocc ed i pioppini (l'immagine dei pulcini vicini vicini è adorabile).
Sei sempre fonte di grande emozione con i tuoi racconti ed i tuoi piatti.
Ti abbraccio fortissimo,
Pat
Grazie Pat! Tu sei una poliglotta nata, ma poi sei anche mezzosangue bresciana, cosa che forse è all'origine di quel "sentirsi a casa" che il bergamasco è per te..
Eliminaun bacio e un abbraccio grande!
ahahah... ma guarda un po', cominciato il racconto non avevo idea di dove saresti andata a finire. Invece, come al solito, tutto alla fine "quadra": una bellissima storiella nel tuo dialetto di valle, alla scoperta del cuore dei tuoi conterranei "ruvidi" solo in superficie e dei golosi prodotti (quelle castagne... uhmmm...) di bosco e dell'orto. Tre ricette particolari che se avessi una cugina Estebana mi farei preparare! Persino quella non vegetariana, detto tutto. E poi... la prima mi ricorda tanto un nostro progetto dello scorso anno... ahahah... Ti abbraccio stretta
RispondiEliminaEh si che hai ragione Fausta! E' una ricetta buona per "quel" progetto :)
EliminaGrazie dei bei complimenti e del tuo pensiero, un abbraccio!
un po' di cucina bergamasca....ooohhh!!
RispondiElimina....ma dai! mi hai fatto ridere... grazie Gio'!
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