E' l'ora del Soufflé... Blutunt, mela verde, salvia e rosa, gelatina liquida di vino rosso




Altroché se era l'ora... mi mancava proprio! Quante "prime" con l'MTChallenge. Da quando lo seguo, anche considerando un'ampia pausa d'intermezzo, ho imparato tantissime cose nuove e questo soufflé non fa eccezione.
Grazie alla Fabiana, grazie alla sua ricetta ed ai suoi consigli, grazie alle donzelle dell'MTC eccomi finalmente anch'io. L'ho trovato FAN-TA-STI-CO. Stasera mi sono dovuta censurare perché l'ago della bilancia non è a mio favore in questo periodo e il soufflé vi si raccorda male, ahimé. Però, a chi tra di voi ancora non si fosse avvicinata, dico solo "bùttati... Che è morbido!!".

Come nasce il mio soufflé, invece, bisogna che lo racconti. Brevemente, perché come ogni volta mi sento una Cenerentola con quei dodici rintocchi, che impietosi la colgono mentre stringe il suo Principe al ballo:)
Alla base della ricetta di Fabiana, si poteva aggiungere di tutto ed io ho scelto di metterci un formaggio tipico del territorio bergamasco, il Blutunt. E' un formaggio erborinato di latte vaccino, a doppia pasta cruda, prodotto al di fuori dei comuni che fanno il più noto Strachìtunt, da cui trae la sua origine, ma avendo quest'ultmo da poco ricevuto la DOP europea, ha la restizione ai pochi comuni della Valtaleggio che da anni lo producono. Nasce così, questa meravigliosa variante, con le sue magnifiche striature di queste muffe celesti, che mi ammaliano. Il suo sapore è abbastanza intenso e volevo quindi accostare al soufflé una nota dolce ed una aspra. Mi sfrizzolava la gelatina di vino passito, per la sua dolcezza. Ma il nobilissimo Moscato Passito (di Scanzo), francamente aveva dei costi da paura e pensare di farne una gelatina mi pareva fuori luogo. Però me lo sono ben guardato, ne ho letto l'etichetta e qualcosa mi ha colpito: "..sentori di salvia e di rosa" (!)
Ci sono.
Ho preso comunque dell'ottimo Valcalepio Riserva del 2008, un vino piuttosto importante da uve di Merlot e Cabernet-Sauvignon. Poi ho procurato delle mele verdi (per la mia nota acida), della freschissima salvia, qualche bocciolo di rosa e, immancabile, qualche grano di pepe Szichuan.
Ecco, vorrei solo riuscire a farvi sentire il profumo di quel brodo, risultato dell'infusione di rosa, mela e salvia... davvero inaspettato.
Ecco quindi la ricetta per il 37esimo MTC.


Soufflé al Blutunt, con crema di mela verde alla rosa e salvia, e gelatina liquida di Vino rosso.
La ricetta del soufflé è quella di Fabiana
riproporzionata:
200 ml panna fersca
20 gr. burro
20 gr. maizena
4 uova
noce mocata, sale e pepe
formaggio per passare gli stampini
180 gr. formaggio erborinato Blutunt

per la crema
1 mela verde
boccioli di rosa essiccati (in erboristeria)
5 foglie di salvia
pepe szichuan

per la gelatina liquida
200 ml. Vino rosso (qui Valcalepio Riserva)
100 gr. zucchero
1/2 foglio di gelatina


Doveroso, un piccolo show dei miei ingredienti ;))



Salvia, pepe e boccioli di rosa essiccati


Blutunt

-Innanzi tutto scaldare il forno a 200°
-Con una pennellessa imburrare generosamente gli stampi o lo stampo che devono essere puliti ed assolutamente asciutti, ungere fondo e bordi....questo è assolutamente fondamentale!
-Con lo stesso criterio spargere il formaggio grattugiato negli stampi in modo che ne siano interamente ricoperti avendo cura di non toccare più l'interno con le dita.
-Riporre in frigo fino al momento del riempimento, volendo anche in freezer. Non trascurare questo passaggio!!
-Ripassare ancora i bordi con un altro poco di burro pomata e raffreddare nuovamente
-Mescolare la maizena con poca panna fresca fuori fuoco.
-Portare ad ebollizione la restante panna, raggiunto il bollore unire il mix panna maizena mescolando sempre.
-Abbassare la fiamma e proseguire la cottura aiutandosi con una frusta a mano fino ad ottenere una crema spessa.
-Allontanare dalla fiamma ed unire il burro avendo cura di continuare sempre a lavorare.
-Rompere le uova tenute a temperatura ambiente, separando i tuorli dagli albumi, avendo cura di non toccare questi ultimi con le mani.
-Unire i tuorli uno alla volta, incorporandoli alla perfezione prima di introdurre il successivo.
-Sbriciolare lo zola piccante( o l'erborinato prescelto), unire alla massa e mescolare.
-Salare, pepare, aggiungere la noce moscata e mescolare bene.
-L'ultima indispensabile operazione è quella di montare gli albumi.
Devono essere ben stabili, ma non di cemento armato:((
Ci si può aiutare unendo qualche goccia di limone che aiuta la montatura rendendola stabile. Gli acidi sono fantastici in certe situazioni:))))
Sconsiglio invece la famosa presa di sale, in realtà a meno che non si monti a mano( faticando come bestie) non ha una reale utilità, anzi, il cloruro di sodio ha proprietà igroscopiche, quindi alla lunga sottrae acqua e destabilizza la struttura.
-Con delicatezza ed in più riprese unire gli albumi montati, badando bene di non smontarli, eseguendo movimenti verticali con una spatola e contestualmente ruotando la ciotola, il classico movimento en coupant;))))
-La massa deve risultare ben omogenea.
-Versare negli stampi ( o nello stampo) arrivando solo ai 2/3 della loro altezza.
-Lisciare delicatamente la superficie con la spatola.

Per la crema: ho fatto una sorta di brodo, con 250 ml. di acqua  e 1/2 mela verde. Al bollore ho aggiunto la salvia, il pepe ed i boccioli, ho lasciato in infusione e quando tiepido ho filtrato.
Ho frullato al minipimer la mela ormai morbida aggiungendo poco brodo, fino ad avere una consistenza morbida, quindi ho messo alcune gocce di limone. Si può preparare in anticipo e lasciare in frigo.
 fino al momento di servire, ma io l'ho usata tiepida.

Per la gelatina liquida di vino: ammollato il mezzo foglio in poca acqua fredda, intanto ho scaldato leggermente lo zucchero ed il vino, lasciando anche un poco evaporare l'alcol, ma solo due o tre minuti, perché volevo che mantenesse la sua struttura il più possibile. Ho sciolto la gelatina ed ho tenuto in frigo fino al momento di impiattare. La consistenza rimane liquida, ma un po più compatta del vino e, nel portare il vino a temperatura, si perdono quei sentori tannici tipici del rosso, ma si mantiene una aromaticità straordinaria, che ben si accosta alla leggera nota aspra delle mele.

Casoncelli alla bergamasca... tradizione + solidarietà


Oggi voglio condividere con voi un poco di quella cosa che chiamiamo, in modo un po' stereotipato "solidarietà". Ma non parlo di cose grandi e di grossi nomi che sostengono progetti. Oggi sono le persone, le mamme che con grande buona volontà regalano qualche ora del proprio tempo per dare una mano concreta alla scuola del paese, che poi significa offrire qualche opportunità in più ai nostri figli...
E' che vivere in un paesello di un migliaio di persone forse meno, ti porta spesso a stringere amicizie a volte per il solo fatto di condividere un luogo che ha poco spazio. Si è costretti a percorrere tutti le stesse strade, fare la spesa nello stesso negozietto, oppure portare i bambini nella stessa scuola. E quando serve una mano, cosa si fa? Si mettono insieme le idee e si collabora. Per esempio, rispolverando quelle preparazioni che, perché il tempo per farle è sempre poco, perché nessuno ce lo ha insegnato, si fanno sempre meno. E si perdono occasioni per imparare a "fare" "bene" le cose che ci appartengono di più, quelle che ci legano al nostro territorio, alle nostre tradizioni, alla storia delle nostre nonne, che è la Nostra Storia. Bello, no?
Quindi quando è arrivato il messaggio di una mamma che chiedeva aiuto per fare i casoncelli bergamaschi nella sala dell'oratorio, le mani hanno cominciato a prudermi ;) dalla voglia di fare pratica "sul campo". Magari vicino a una signora non più giovanissima che potesse trasmettere quel qualcosa che oggi non puoi più trovare sui libri, né sui giornale né tantomeno in rete... Perché è il sapore di quell'antico sapere, di quella memoria preziosa.
E' stata un'esperienza bella, che non avevo mai fatto: il profumo del ripieno, aromatico e carico delle note "agliose", ci ha a accompagnate per tutto il tempo, e fino a notte fonda c'è stato chi tirava pasta, chi coppava, chi distribuiva ripieno, chi chiudeva e ripiegava (e riponeva)... circa  23 chili di casoncelli.
La ricetta del ripieno era assolutamente fedele al Disciplinare per i Casoncelli, della Camera di Commercio di Bergamo, ma personalmente lo sento poco rustico e troppo "ruffiano", per via di amaretti, uvetta e pera. Ma vi assicuro che ieri non importava nulla a nessuna di noi: quel ripieno ce lo saremmo spazzolate a forza di bocconcini e forchettate.
Invece vi lascio la stessa che pubblicai QUI,  che riporto fedelmente. Mentre per il procedimento e la manualità, credo che queste foto, peraltro fatte con il cellulare, possano parlare meglio di tante parole.

Casoncelli alla Bergamasca
per circa 100 casoncelli
7 - 8 porzioni
per la pasta
200 gr. farina 0
100 gr. farina semola di grano duro
1 uova
120 gr. acqua
1 cucchiaio d'olio
per il ripieno
200 gr. salsiccia o luganiga fresca
100 gr. mortadella
80 gr. pangrattato
20 gr, parmigiano grattugiato
1 uovo
aglio, prezzemolo, sale
per condire
pancetta dolce, a cubetti
burro (un cucchiaio a persona)
qualche foglia di salvia

Fate leggermente scottare la salsiccia, togliendola dal budello e tenendola schiacciata con una forchetta. Salate, pepate e lasciate raffreddare.
Quindi, in una ciotola, unite tutti gli altri ingredienti (la mortadella, già preparata tritatissima) ed amalgamate. Io uso, con grande successo, il bimby, che trita abbastanza finemente rendendo il ripieno senza quei grumi tanto antipatici.
La pasta l'ho impastata col bimby... ma per le puriste, va messa una fontana di 500 gr. di farina sulla spianatoia e, dentro la fossetta centrale, vanno messi uova, acqua, olio e sale, "sbattuti" con la forchetta che man mano allarga il cerchio e incorpora viavia la farina. Quando l'impasto non si può più gestire con la forchetta, iniziare a lavorarlo con la punta delle dita fino a farne una pallottola dalla consistenza piuttosto morbida, sul genere della pasta per la pizza. Allontanare allora l'eccesso di farina, pulire bene con una spatola il piano di lavoro, infarinarlo ed iniziare a lavorare l'impasto a mano per legare bene gli ingredienti. Poi si parte di mattarello. Io invece ho usato la cara vecchia Marcato; ho tagliato l'impasto in cilindretti grossi come due pollici e li ho tirati uno per uno, per avere delle strisce.
 
Si tira quindi fino al nr. 5, non sottilissima, quindi si parte!


Distribuire il ripieno e chiudere il dischetti a metà, passando un poco di acqua su mezzo cerchio, li aiuterà a sigillarsi bene

Quindi, con un leggero movimento della mano, piegare il raviolo come in foto, schiacciando poi con il dito per dare la caratteristica forma. 


Ad opera finita c'erano 45 scatole (come questa in foto) accatastate, ed anche tantissima gioia di aver potuto condividere tutto questo insieme.
A Daniela, Donata, Annarita, Judith, alla signora Lucia ed alle altre mamme di cui non ricordo il nome :(  Grazie !!

Si cuociono in acqua bollente salata, e richiedono una cottura piuttosto lunga, circa 13-14 minuti (un po' meno se sono freschissimi). Quindi vanno fatti saltare in una pentla bassa e larga dove avrete fatto dorare della pancetta a dadini, insieme al classico burro e salvia. E prima di impiattare, una manciata di parmigiano.

Pane alla birra e farina di Grano Verna. Tra storia e poesia


 "Farina di grano Verna tipo 2". Non è una farina qualsiasi. No. Che è differente lo si capisce subito, appena aperto il pacchetto. E' una farina con basso contenuto in proteine del glutine, la sua trama è compatta, ed essendo anche tipo 2, siamo molto vicini alla soglia dell'integrale.
Anche se l'uso della farina di grano Verna dà ottimi risultati nella pasta fresca, al ritorno da Siena, dove appunto avevo ricevuto questi preziosi doni dal Consorzio agrario di Siena, ero molto curiosa di panificare. Complici anche le temperature del periodo, non volevo sciupare l'opportunità di ricavare un pane ben lievitato.
E volle il caso che avessi ancora un poco di birra Verna, una varietà cruda e non pastorizzata, ottenuta dalla lavorazione dello stesso grano. Subito ho immaginato queste due cose insieme ed il mio pensiero è tornato a QUELLA vecchia ricetta che faccio ormai da anni, del pane con la birra.
Perché non trovarne un'alternativa, magari più leggera negli ingredienti, proprio per lasciare spazio ai complessi aromi del grano Verna..
Lascio a queste righe scritte dall'amica Pat il compito di spiegarne un poco meglio le caratteristiche:

"Questo grano è nato dall'incrocio di due antiche varietà già presenti all'Ente Toscano Sementi, vale a dire l'Est Mottin ed il Mont Calme. L'incrocio consentiva di ottenere un grano resistente alle altitudini per scongiurare l'abbandono della coltivazione in aree montane da parte degli agricoltori.
Nonostante l'utilizzo di questa semenza lungo un trentennio, il grano Verna è stato riscoperto solo negli ultimi anni, con approfonditi studi dal punto di vista salutistico e nutrizionale.
Si è evidenziato infatti che questo meraviglioso grano antico risulta poverissimo di glutine quindi perfetto per coloro che soffrono di intolleranze o difficoltà digestive. La lievitazione del pane prodotto con il grano Verna è quindi estremamente lunga e molto controllata.
La macinazione a pietra a bassa velocità consente di mantenere il germe di grano all'interno del prodotto finito e preservare una quantità di vitamine e minerali che rendono questa farina veramente unica..."




  
Ma non l'ho usata in purezza, non ne ho avuto il coraggio: temevo che la lunga lievitazione richiesta e le temperature molto alte di agosto (momento in cui ho preparato questo meraviglioso pane) potessero alzare il livello di acidità dell'impasto.
Quindi ho scelto di tagliare il quantitativo complessivo impiegato, con farina di farro macinata a pietra. E per il lievito, largo alla pasta madre che quest'estate prosperava alla grande.
Vi presento un piccolo capolavoro. Il gusto e la complessità degli aromi di questo pane, dal fondo dolce e dalla consistenza pastosa, ci riporta in un istante ad atmosfere antiche.. poetiche appunto.


Pane alla birra e farina di Grano Verna
200 gr. farina di grano Verna
200 gr. farina di Farro (Triticum dicoccum, integrale macinata a pietra)
200 gr. pasta madre (qui l'avevo rinfrescata con della farina tipo 2 integrale macinata a pietra)
160 gr. birra Verna
2 cucchiaini rasi di malto diastasico*
1 cucchiaino di miele
1 cucchiaio di olio extravergine
1 cucchiaino sale

* si trova anche al supermercato. Per la sua particolare caratteristica molecolare, il malto diastasico si scompone molto più lentamente di altre molecole zuccherine, rendendo possibile una lievitazione anche su tempi lunghi.



Sciogliere la pasta madre con la birra tiepida ed il miele. Si otterrà un impasto della consistenza dello yogurt. Lasciatelo riposare al caldo e ben coperto per circa 20 minuti. Quindi aggiungete le farine setacciate, malto diastasico, olio e sale. Impastate bene fino ad incordatura, eventualmente usando altra farina, se risultasse appiccicoso.
Porre il tutto in una ciotola, coprire e lasciare lievitare fino a raddoppio in luogo mantenuto tiepido. Il tempo necessario dipende appunto dalla temperatura, che dovrebbe essere idealmente 32°.
Quindi trasferite l'impasto sul piano di lavoro, facendo attenzione a non "scoppiarlo". Con le mani appiattirlo e fare due giri di pieghe, quindi date la forma e lasciate lievitare. Stavolta consiglio il forno spento ma con, all'interno, un'ampia ciotola d'acqua molto calda: manterrà l'umidità ed il calore perfetti.
Raggiunto un buon grado "gonfiore" della forma, accendete il forno a 200 °, lasciandovi il pane, che inizierà a cuocere partendo da freddo. Questo accorgimento darà un'ulteriore spinta alla lievitazione.
Dopo circa 15 min. a 200, abbassare per altri circa 20 min. quindi sfornare.
Se vi pare troppo duro, avvolgetelo con un canovaccio pulito e lasciatelo raffreddare così: la crosta diventerà fragrantissima.


Cheese cake ai lamponi per "unlamponelcuore"



Oggi è l'8 marzo e parlare delle donne e del valore della nostra presenza nella civilissima società odierna, diventa quasi scontato.
Invece voglio parlare di "altre" donne, donne che vivono a poche centinaia di chilometri da noi, in quella terra che "fu" Jugoslavia  e che nella seconda metà degli anni novanta ha toccato con mano gli orrori della guerra etnica. Termini come genocidio, pulizia etnica, campi profughi, hanno rivissuto in un periodo così vicino a noi e così dolorosamente simile a quell'altro -solo di cinquant'anni più lontano-, senza però scuotere le nostre coscienze più di tanto. Che pure siamo in quella civilissima Europa distante poche centinaia di chilometri da quei luoghi dove milizie dell'altra fazione uccidevano figli, fratelli, mariti e padri di quelle "donne"...
Quanto dolore, nelle memorie di quelle Anime, tutte.
E quanta forza possono ancora trovare, quelle Anime che decidono di rialzarsi insieme, di riprendere parte di una Terra, la loro, per bonificare attraverso il lavoro e la coltivazione, non solo il territorio geografico, ma anche quello, ben più profondo, fatto di legami, di sostegno e di aiuto, di solidarietà.
Queste donne, a Bratunac (vicino a Srebrenicza, in Bosnia Erzegovina) hanno dato vita, nel giugno 2003 alla Cooperativa Insieme, per aiutare e sostenere il rientro nelle loro terre ancora così profondamente devastate dalla guerra civile. Mira a riattivare un sistema di microeconomia basato sulla coltura dei lamponi e dei piccoli frutti, e punta sull'organizzazione del tessuto sociale in piccole cooperative, fondate sul reciproco aiuto e sostegno.

Nasce così, oggi, l'iniziativa in rete "unlamponelcuore"


Con questa iniziativa, i food blogger che aderiscono a "unlamponelcuore" intendono far conoscere il progetto "lamponi di pace" della Cooperativa Agricola Insieme (http://coop-insieme.com/),nata nel giugno del 2003 per favorire il ritorno a casa delle donne di Bratunac, dopo la deportazione successiva al massacro di Srebrenica, nel quale le truppe di Radko Mladic uccisero tutti i loro mariti e i loro figli maschi. Per aiutare e sostenere il rientro nelle loro terre devastate dalla guerra civile, dopo circa dieci anni di permanenza nei campi profughi, è nato questo progetto, mirato a riattivare un sistema di microeconomia basato sul recupero dell'antica coltura dei lamponi e sull'organizzazione delle famiglie in piccole cooperative, al fine di ricostruire la trama di un tessuto sociale fondato sull'aiuto reciproco, sul mutuo sostegno e sulla collaborazione di tutti. A distanza di oltre dieci anni dall'inaugurazione del progetto, il sogno di questa cooperativa è diventato una realtà viva e vitale, capace di vita autonoma e simbolo concreto della trasformazione della parola "ritorno" nella scelta del "restare".

Il mio personale contributo non poteva che essere dolce, ed anche semplice
una cheese cake ai lamponi
 

dosi per uno stampo da 22 cm.
 
per la base
200 gr. biscotti secchi e 100 gr. di burro sciolto
per la crema
400 gr. robiola, 200 gr. panna montata
50 gr. lamponi, 125 gr. yogurt bianco
12 gr. gelatina in fogli
100 gr. zucchero
per il topping
125 g. lamponi
100 gr. zucchero
1 foglio di gelatina da 5 gr.
panna per decorare
 
 
Sbruciolare i biscotti, chiudendoli in un sacchetto di carta e "passandoli" con un mattarello. In una ciotola, amalgamarli con il burro sciolto e distribuire questo composto "sbricioloso" sul fondo di una tortiera con cerniera apribile, rivestita di cartaforno. Quindi lasciare in frigo a riposare.

Mettere a bagno i fogli di gelatina in acqua FREDDA. In un pentolino, sciogliere lo zucchero ed i lamponi per il topping, riducendo a fuoco dolce il tutto in purea. Se non vi piacciono i semini, passate al colino il tutto e, mentre ancora tiepido, scioglietevi il foglio di gelatina strizzato.
Quindi preparate la crema: in una grande ciotola, setacciate la robiola, la panna montata e lo yogurt. Quindi unite i lamponi, che avrete  a parte- ridotto a purea sciacciandoli bene con una forchetta, scaldandoli a fuoco dolcissimo con lo zucchero; quindi scioglietevi anche qui la gelatina. Amalgamate questa poca purea alla crema bianca: la renderà lievemente rosata. Quindi distribuite questo composto sulla base di biscotti, livellate bene e procedete a distribuirvi la geleé di lamponi ormai raffreddata. Per semplicifare quest'ultima operazione, potete prima fare un passaggio in freezer della torta per solidificare un poco la crema e facilitare da distribuzione della geleé.
Si conserva in freezer e si consuma dopo un riposo di circa almeno mezz'ora a temperatura ambiente.
 
Qui, tutti i riferimenti per qualche informazione in più
pagina fb dedicata alle marmellate del Bratunac
https://www.facebook.com/pages/Marmellate-di-Bratunac/164523970241548
 
Tutte le informazioni sulla storia della cooperativa, sui criteri che ispirano le loro colture, sull'evoluzione del progetto sono qui http://coop-insieme.com/ nelle varie sezioni in cui è articolato il materiale.

Ecco dove si possono trovare i prodotti della Cooperativa Agricola Insieme: - sono distribuiti da Coop-Adriatica e NordEst quindi si trovano più facilmente nel Veneto, Friuli Venezia Giulia, parte dell'Emilia e della Lombardia al confine. I punti vendita che hanno in assortimento i prodotti partono dai 1000mq in su;
- sono distribuiti anche da Altromercato e dal commercio equosolidale e dal loro sito (altromercato.it) è possibile, tramite anche una richiesta via email, ottenere i punti vendita; 
- nel milanese vengono distribuito da MioBio (http://www.mio-bio.it/), un gas molto attivo;
- Rada Zarcovick, la responsabile della cooperativa, sta prendendo accordi con le Coop che si occupano dei punti vendita della Lombardia e della Toscana per poter distribuire anche in queste zone i loro prodotti.
Per quanto riguarda Coop Adriatica le confetture dei frutti della pace è in assortimento solo nel canale iper:
ADRIATICA BOLOGNA IPER BORGO
ADRIATICA BOLOGNA NOVA
ADRIATICA BOLOGNA LAME
ADRIATICA VENETO SAN DONA'
ADRIATICA VENETO SCHIO
ADRIATICA VENETO CONEGLIANO 
ADRIATICA VENETO VIGONZA
ADRIATICA ROMAGNA IMOLA
ADRIATICA ROMAGNA RIMINI
ADRIATICA ROMAGNA LUGO
ADRIATICA ROMAGNA FAENZA
ADRIATICA ROMAGNA RAVENNA
ADRIATICA MARCHE PESARO
ADRIATICA MARCHE CESANO
ADRIATICA ABRUZZO SAN BENEDETTO
ADRIATICA ABRUZZO CHIETI
ADRIATICA ABRUZZO ASCOLI

Per il momento queste sono le informazioni che abbiamo, per il resto mano a mano che avremo notizie lo aggiorneremo. Grazie a tutti 

Parmigiano Reggiano Academy e ALMA. Un sogno che si avvera

 


Il Consorzio Parmigiano Reggiano, da tempo cura attraverso la rete l'immagine di una realtà che rappresenta questa grande eccellenza italiana nel mondo. Ed è grazie a loro che molti utenti hanno potuto effettuare un "percorso" di conoscenza del prodotto "Parmigiano Reggiano" proposto on-line in tre livelli, per avvicinarsi a questo formaggio assolutamente unico e per noi speciale.
I primi due livelli, QUI, sono stati proposti nel corso del 2013, mentre il terzo livello è stato "vissuto" in anteprima il 22 febbraio 2014 e la mia stella fortunata ha fatto si che tra gli invitati ci potessi essere anch'io. Con me altre amiche blogger hanno condiviso la giornata, che ha riservato sorprese e felicità a tutti noi, presso la prestigiosa Scuola internazionale di cucina ALMA, fondata alcuni anni fa da Gualtiero Marchesi con altri importanti figure del panorama gastronomico italiano, tra cui nche il Consorzio Parmigiano Reggiano.

Il terzo livello della Parmigiano Reggiano Academy, che potete trovare QUI, approfondisce le proprietà organolettiche e le consistenze dei vari gradi di stagionatura, portando il consumatore a capirne le qualità più indicate secondo gli impieghi.
Ecco qui ben spiegato il motivo per cui a volte il formaggio non si scioglie a dovere nel brodo e rimane invece una pasta filante sul fondo: è poco stagionato. Meglio sceglierlo per insalate, negli involtini e nelle gratinature, o "in purezza" per un aperitivo. E per una minestra orientarsi verso stagionature di 24 mesi, dove la texture si fa più compatta e solubile.
Ma non voglio togliervi il piacere di fare un giretto sul sito, perché con un semplice video di pochi minuti potrete comprendere molte delle caratteristiche delle varie stagionature.



Per noi che abbiamo avuto il piacere di una degustazione accompaganti da Igino Morini, è stato bello percepire all'istante i profumi e le consistenze, mentre un'accurata spiegazione "illuminava" attimo per attimo il nostro fiuto ed insieme il gusto.




Ma la vera, grandissima sorpresa è arrivata quando siamo stati "accompagnati" anche nelle cucine di Alma, previa un'accurata vestizione con la divisa della scuola, dove abbiamo potuto cucinare un menù Degustazione, come una vera brigata di cucina.



Suddivise a coppie o piccoli gruppetti ed affiancate da un giovane chef, eccoci dunque all'opera, alle prese con strumenti professionali e con mansioni mai affrontate prima. Io e la mia "socia d'avventura" abbiamo preparato l'antipasto, pulendo calamari ed astice (Anna ti sarò grata a vita, tu sai perché...)

Infine, tutti insieme appassionatamente, abbiamo degustato le varie portate, ciascuna accompagnate da un vino proposto e spiegato dalla collaboratrice di ALMA per la parte enologica.


Un'esperienza che, nell'insieme, rappresenta non solo un grande passo verso la profonda conoscenza del Parmigiano Reggiano, ma soprattutto è qualcosa destinato a restare parte integrate del proprio vissuto, emotivo e materiale, perché anche se solo per un giorno, l'emozione di credersi un professionista in cucina rimane indescrivibile.

 

 Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile questo piccolo (grande) sogno.


© ESSENZA IN CUCINA

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